sabato 15 luglio 2023

Catino

Catino per la pulizia personale 
in uso negli anni 50


Il catino o bacino o bacile è un recipiente o vaso in forma rotonda e concava, basso con bordi rovesciati all'esterno. Costruito in terracotta, plastica o metallo, è destinato a contenere liquidi, comunemente usato per lavarsi.

Etimologia

Catino deriva dal latino catinus che significa ‘piatto largo’, di etimo sconosciuto, forse relitto mediterraneo affine a cadus.

Storia

Le dimensioni, la materia e la forma erano in funzione all'utilizzo specifico. Fabbricati da una lamina di bronzo lavorata a maglio, con decorazioni incise su ampi bordi di forma schiacciata, erano comuni nella produzione bronzistica etrusca. Avevano molteplici usi come vassoi, piatti di portata, ma anche come coperchi d'urne cinerarie.

Ampiamente diffusi dalla Puglia alla Gallia, erano considerati simboli di prestigio, ottenuti come dono o attraverso scambi commerciali.

Nell'antichità veniva dato questo nome a contenitori metallici che venivano arroventati ed utilizzati per abbacinare, per abbagliare.

Nel Medioevo assunsero grandi dimensioni quelli utilizzati a tavola, in quanto dovevano servire tutti i commensali. Nell'età rinascimentale ottennero grande diffusione quelli di ottone, mentre nei secoli precedenti erano in maggior numero quelli di rame e di bronzo, e in minor numero di oro e argento. Tra le espressioni artistiche più significative vi è stata la produzione spagnola di derivazione moresca, relativa soprattutto ai catini di maiolica con riflessi metallici, sbocciata nei secoli XV e XVI. Uno dei centri di produzione più importanti è stato quello di Dinant, in Francia.

Nel XVII e nel XVIII secolo sono stati prevalentemente gli inglesi a realizzare eleganti parures di bacile e brocca.


Fonte Wikipedia


giovedì 13 luglio 2023

San Valentino

San Valentino


Vescovo di Terni, vissuto nel IV sec. d.C.. E’ possibile tracciare parzialmente la sua storia grazie a due antiche fonti: un item del “Martyrologium Hieronymianum” e una passione agiografica “Passio Sancti Valentini episcopi et martiri”, dove viene narrata la storia del suo martirio (tortura e decapitazione notturna) e della sepoltura. Il Santo è venerato nel suo “dies natalis”, ovvero nel giorno della sua morte, avvenuta il 14 febbraio del 347 d.C., dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e anche dalla Chiesa anglicana. [...] Per quanto riguarda il culto di SAN VALENTINO a Bitonto, è necessario fare un piccolo preambolo. Nel 715 d.C. venne inviato da Papa Gregorio II a Bitonto, GUGLIEMO da VITERBO che fu nominato primo Vescovo della città. Secondo la cronotassi araldica dei Vescovi, preservata nella Biblioteca Vescovile, Guglielmo portò in dono alla città di Bitonto le reliquie del braccio di S. Valentino (“tulit brachium sancti Valentini”). San Valentino è infatti “ab immemorabile” titolare della Chiesa Cattedrale e patrono del Capitolo. Le reliquie del Santo sono ancora ivi conservate. Nel tempo diverse e contrastanti versioni storiografiche hanno collocato la figura del Vescovo Guglielmo in periodi precedenti o successivi a quello indicato. Sta di fatto che sulla facciata absidale della Cattedrale ritroviamo un monogramma che secondo il Rogadeo ed altri indicherebbe chiaramente il Vescovo “Domino Willemo De Tipaldis”, con una grande croce a segno di sepoltura o consacrazione. A testimonianza della devozione che a Bitonto nacque intorno alla figura del Santo Vescovo Valentino di Terni, fu costruita la chiesetta a Lui dedicata, dove venne trasferito il titolo a seguito della realizzazione della Cattedrale che venne consacrata all'Assunta. La chiesa, sita sulla via Traiana, fuori porta Robustina, venne fatta costruire nella metà del secolo XII dal giudice Maggiore, ivi sepolto assieme al figlio Valentino e Silvestro. Venne poi donata da Silvestro all'abate Pierre di Cava dei Tirreni e, secondo testimonianze, un priorato benedettino resse la chiesa almeno fino a metà del XIII secolo. In seguito la chiesa passò all'Ordine dei Cavalieri Templari e nel XVI secolo divenne proprietà del Capitolo e del clero bitontino. Il Cerrotti la ricorda con il nome di Santa Maria delle Grazie, in quanto in essa veniva trasferita l’icona della Vergine del Miglio in occasione della festività. Questi parla di “un’antichissima chiesa, sita fuori le mura della porta Robustina”, dove “anticamente i Vescovi di Bitonto per tradizione, prima di fare il loro ingresso in Diocesi, provenienti da Ruvo, si vestivano degli abiti pontificali”. La CHIESA DI SAN VALENTINO è un superbo esempio di chiesa a cupola in asse. A Bitonto architetture simili sono a corte S. Lucia, dove vi era un monastero di monache benedettine e San Egidio Vecchio in via Sedile. Quest’ultimo a tre navate con cupole in asse e semibotti laterali, secondo l'Ambrosi, rivela notevoli affinità con la chiesa di Ognissanti a Valenzano (1061). Lo schema di San Valentino è a navata unica coperta con due cupole, schema molto frequente nelle architetture religiose rurali (si veda S. Eustachio in agro di Giovinazzo). Le cupole sono ricoperte esternamente da tettoie piramidali rivestite da “chiancarelle” e impostate su tiburi quadrangolari, arretrati rispetto al perimetro della chiesa. Nella parete orientale, celata da costruzioni successive, sporge l’abside con una piccola monofora al centro. Sulla facciata principale rivolta ad occidente è situato l’antico portale a doppio arco lunato, con archivolto poggiato su due mensole laterali e un oculo (di epoca successiva) sovrastante. Si osserva in alto a destra una iscrizione a testimonianza dei restauri del 1946 eseguiti durante l’amministrazione comunale del sindaco Nicola Calamita. Sulla fiancata sud, a ridosso della Piazza si hanno due oculi, di cui uno originario, mentre sulla fiancata nord si hanno alcune tracce di epoca romanica ma anche ambienti di epoche successive così come il campanile a vela (XVI sec.). Per ultimo, come non ricordare che in questo giorno ricorre la “festa degli innamorati”. Infatti, il Santo Vescovo per caso è stato riconosciuto come protettore degli innamorati a seguito di varie leggende nonché per volontà di Papa Gelasio I che nel 496 d.C. decise di sostituire la festa pagana della Lupercalia, che ricorreva il 15 febbraio, con una festa cristiana dedicata all'amore. Per cui decise di spostare la nuova festa al giorno 14 febbraio, data in cui veniva venerato San Valentino.


Fonte: Antonio Castellano, da Bitonto, 15.2.2022

martedì 11 luglio 2023

Torrione Angioino

Torrione Angioino

Il torrione quattrocentesco di Bitonto, comunemente denominato torrione angioino ed erroneamente anche chiamato castello è la più grande e la più resistente delle ventotto torri situate lungo l'antica cinta muraria della città.

Storia

Fu innalzato, secondo taluni autori, a difesa di Porta Baresana sul finire del XIV secolo, sotto la dinastia degli Angioni da cui deriverebbe, appunto, l'attributo. Secondo altri invece, i lavori sarebbero stati avviati durante la prima metà del Quattrocento su commissione di Giovanni I Ventimiglia e Marino Correale, o Curiale al quale sarebbero riferibili gli stemmi araldici scolpiti sui due capitelli delle colonnine del camino al piano nobile (secondo piano) , generalmente considerati solo capitelli cubici a motivi geometrici. Il torrione è certamente la più ampia e più resistente di tutte le altre torri disposte lungo la cinta muraria della città. L'edificio, inoltre, è nominato in documento del 1399 attribuibile alla regina Margherita, consorte del re di Napoli Carlo III. In esso , si fa menzione di un “castellano”, addetto al controllo di una struttura difensiva non specificata che dalla metà del Quattrocento avrebbe assunto la denominazione di torrione cioè di torre difensiva (per la difesa di tipo radente) e sarebbe persino stata adibita a prigione.

[...]

Il Torrione, a seguito di un importante restauro interno, ospita una Galleria d'Arte Contemporanea.

Gli scavi effettuati, hanno permesso di recuperare le antiche casematte, (presidi aggiunti durante l'aggiornamento ossidionale intorno agli anni Novanta del Quattrocento e verosimilmente accostabili ad alcuni disegni di Francesco di Giorgio Martini), i rivellini, e il fossato, con il basamento pentagonale della torre stessa e una passerella a ponte levatoio, che collegava la torre alla piazza circostante. Il torrione era collegato, inoltre, con le altre ventisette torri tramite cunicoli sotterranei.


Fonte Wikipedia

domenica 9 luglio 2023

Porta Baresana

 

Porta Baresana

Il nome originario era "Porta della marina", perché sita in direzione della ex marina bitontina Santo Spirito. Con l'annessione di Santo Spirito nel 1928 da Bitonto a Bari, per opera del podestà di Bari (1926-1928), Araldo di Crollalanza (successivamente anche ministro dei lavori pubblici), la porta assume il nome di "Baresana" in quanto diviene la porta di accesso alla città per chi viene da Bari. Fu costruita presumibilmente nel XVI secolo. Tuttavia un secolo più tardi fu ricostruita in seguito ad un crollo o comunque ad un danneggiamento, conservando, nella facciata anteriore, uno stile rinascimentale. Sempre nella facciata esterna si nota, in cima, la statua dell'Immacolata Concezione, aggiunta nel 1834. Sulla sua base è incisa la dicitura POSUERUNT ME CUSTODEM.

Più in basso si nota invece il vano dell'orologio aggiunto nel Novecento insieme all'annessa campana nascosta dietro la statua dell'Immacolata. Agli spigoli si notano gli acroteri seicenteschi. Sotto l'orologio è presente uno stemma dei Savoia che sostituisce uno stemma della città aggiunto nel 1551 in occasione del riscatto della città dal feudatario. Lo stemma sabaudo fu apposto in luogo dello stemma della città dopo l'unificazione d'Italia. L'accesso è costituito da un arco a tutto sesto affiancato da paraste terminanti in un architrave. Su questo è stata aggiunta la copia di una predella policroma, un dipinto rappresentante i santi protettori della città. Ai lati del vano dell'orologio, si notano gli acroteri aggiunti presumibilmente nel XVII secolo.

La facciata retrostante presenta un fornice a ghiera affiancato da paraste in bugnato, similmente alla facciata esterna ma con degli zoccoli di basamento più alti. Sull'architrave si erge il timpano in cui è situato, nel mezzo, il secondo quadrante dell'orologio.


Fonte Wikipedia