venerdì 26 maggio 2023

Lama Balice

 Lama Balice


Il parco regionale prende il nome dalla lama Balice che, con i suoi 37 km di lunghezza costituisce una delle più lunghe lame presenti nella città metropolitana di Bari. La lama si origina tra Ruvo di Puglia e Corato e dopo aver attraversato un vasto territorio termina a nord della città di Bari.

Il torrente che vi scorre era un tempo chiamato Tiflis: normalmente in secca, in occasione di precipitazioni più abbondanti si gonfia per l'apporto di acqua piovana. Il toponimo Balice è invece riconducibile al latino medievale "baligium" cioè valle, come la lama è indicata già in un documento in cui si legge "baligium qua igitur Barium" ovvero "valle attraverso la quale si giunge a Bari".

Alcuni tratti della lama sono bassi è sinuosi, mentre altri sono ripidi e presentano una stratificazione rocciosa notevole. La natura carsica del territorio è evidente per la presenza di numerose cavità naturali alle quali si aggiunsero le caverne scavate dall'uomo, che hanno restituito resti di epoca protostorica. Tutto il bacino di Lama Balice è caratterizzato da Castelli medievali, chiese e masserie. Al suo interno è situata Villa Framarino, un'antica masseria, che dopo i recenti restauri è diventata sede del primo centro di documentazione barese sulla conservazione della natura.

La lama, area di sosta per l'avifauna, presenta tratti coltivati e altri che mantengono l'originaria macchia mediterranea (querce coccifere, lecci, fragni, arbusti). La lama riveste importanza anche a livello storico. Vi sono delle grotte, le "grotte di Chianchiarello", che rappresentano delle testimonianze sulla vita paleolitica della città. Nella vicina cava, ormai dismessa, sono state rilevate orme di dinosauri.


Fonte Wikipedia

giovedì 25 maggio 2023

Tradizione

Cesti di giunchi

In antropologia la tradizione è l'insieme degli usi, costumi, e dei valori a questi collegati, che ogni generazione, dopo aver appreso, conservato, modificato dalla precedente, trasmette alle generazioni successive. La tradizione è particolarmente sentita dalle comunità minoritarie che, attraverso di essa, tendono a conservare la propria identità.

Negli studi sul folklore veniva definito «inculturazione» il processo con il quale un gruppo sociale trasmette e riproduce le proprie "tradizioni" al suo interno; acquisiti per acculturazione invece erano definiti i tratti culturali provenienti dall'esterno (strati sociali diversi, o da altre aree geografiche.

In Italia, all'interno delle scienze etnoantropologiche, si è delineato un campo di studi oggi definito come storia delle tradizioni popolari, all'interno del quale, fin da inizio Novecento, studiosi quali Giuseppe Pitrè, Ernesto de Martino, Alberto Mario Cirese, hanno operato ricerche su usi, costumi, dialetti, cultura materiale, consuetudini di diritto, pratiche religiose, canti, poesie, musiche, tradizioni orali e ogni altro aspetto concernente quello che veniva definito "popolo", ovvero gli strati sociali più arretrati. Inizialmente definito demopsicologia, poi demologia, o acquisendo il termine americano, studi di folklore, questo campo di studi, a partire dagli anni ottanta, ha rimesso profondamente in discussione il proprio oggetto, criticando la reificazione delle tradizioni, e ponendo l'accento più sui processi di costruzione sociale e sull'uso che i soggetti fanno di esse.

Dagli anni ottanta si tende a criticare il concetto di tradizione, per sostenere come la cultura sia situata nell'individuo, ed ogni volta che vi è un passaggio di tratti culturali avvenga necessariamente una rielaborazione. In quest'ottica la tradizione viene vista più come un elemento retorico utilizzato da gruppi di individui per rafforzare una propria identità collettiva, in particolare per essere utilizzata in contrasti con altri gruppi sociali.


Fonte Wikipedia