sabato 18 febbraio 2023

Transumanza !!

Transumanza


La transumanza è la migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori che si spostano da pascoli situati in zone collinari o montane verso quelli delle pianure (nella stagione invernale) o viceversa (nella stagione estiva) percorrendo le vie naturali dei tratturi.

Etimologia

La parola "transumanza" deriva dal verbo transumare, ossia "attraversare", "transitare sul suolo". Il verbo è costituito con l'accostamento del prefisso latino trans che vuol dire "al di là" "attraverso" e della parola latina humus che vuol dire "suolo" "terreno".

Un'alternativa e più complessa etimologia è stata proposta per spiegare la parola: si riferisce all'accadico taru ("andare attorno", "girare", "volgersi", "andare e tornare"), accadico ummanu ("popolo", "nazione", "gente", "uomini") e il pronome indicativo accadico anaforico ša, aramaico zi ("quello").

Il più antico cammino della transumanza pare sia quello della val Senales, in Alto Adige, risalente alla preistoria.

Descrizione

Terminologia

Per descrivere le fasi in cui si compiono gli spostamenti che danno luogo alla transumanza si usano i termini di: "monticazione" e "demonticazione".

Con monticazione, parola che deriva dal verbo monticare, s'indica la fase iniziale della transumanza, che si compie nel periodo primaverile, quando avviene il trasferimento degli armenti e dei pastori dalle zone di pianura ai pascoli di alta quota e ha inizio l'alpeggio.

Con demonticazione si definisce il successivo trasferimento inverso che, nel periodo autunnale, riporta gli animali e i pastori dai pascoli in quota a quelli di pianura nella fase di discesa successiva al periodo estivo dell'alpeggio.

Tale usanza nei secoli scorsi condizionava pesantemente la vita del pastore, che non poteva contare sulla presenza delle strutture tipiche dell'allevamento moderno, quali la stalla e gli impianti di foraggiatura, mungitura e refrigerazione del latte.

Laddove ancora praticato, il trasferimento degli animali avviene oggi spesso attraverso l'autotrasporto utilizzando appositi autocarri, almeno là dove questo è possibile ed economicamente conveniente.

In Italia

In Italia questa antica usanza prese le mosse principalmente a partire dall'Appennino abruzzese, volgendo sia verso la Maremma toscana e laziale (i resti di un antico tratturo si trovano nei pressi di un guado del Tevere, tra Fiano romano e Passo Corese a nord di Roma) sia soprattutto verso il Tavoliere delle Puglie. Consisteva nel trasportare ("transumare", appunto) gli animali dai monti abruzzesi e molisani, ai ricchi pascoli della Maremma e del Tavoliere. Nel meridione, in particolare, l'importanza economica di tale attività era tale da essere gestita da due specifiche istituzioni del Regno di Napoli: la Regia dogana della mena delle pecore, con sede a Lucera e poi a Foggia, e la Doganella d'Abruzzo.

Dopo il 1447 divenne la principale fonte economica per molti paesi abruzzesi e tale rimase fino alla fine del 1800. Gli Aragonesi vollero far sviluppare l'industria della lana, ma i risultati attesi da Alfonso d'Aragona non furono raggiunti e l'industria della lana del Regno di Napoli non riuscì a competere con quella della Spagna, delle Fiandre, dell'Inghilterra. In queste nazioni, oltre allo sviluppo dell'allevamento ovino, si puntò sullo sviluppo dell'agricoltura, cosa che non venne fatta nel territorio del Regno di Napoli, causando un ritardo nello sviluppo locale.

A riprova della rilevanza di tale pratica nell'economia e nella società, è stato calcolato che nella metà del XV secolo non meno di tre milioni di ovini e trentamila pastori percorressero annualmente i tratturi e che l'impatto che la pastorizia esercitava era tale da fornire sussistenza, direttamente o indirettamente, a metà della popolazione abruzzese. Nel XVII secolo i capi coinvolti erano circa cinque milioni e mezzo.

Questo trasferimento avveniva alla fine della stagione calda, per andare in cerca di zone adatte a passare l'inverno con il bestiame e dove poter trovare dei pascoli in grado di sfamare le enormi greggi. All'inizio di una nuova stagione calda, si transumava nuovamente verso i pascoli più freschi del Molise e dell'Abruzzo, prendendo il nome di monticazione.

Tutto ciò avveniva tramite dei sentieri assai larghi, detti tratturi, forniti di diramazioni longitudinali (i tratturelli) e trasversali (i bracci). Il viaggio durava giorni e si effettuavano soste in luoghi prestabiliti, noti come riposi o "stazioni di posta".

Con l'Unità d'Italia i contadini poterono riscattare i terreni dedicati ai pascoli e dedicarli alla coltivazione. Questo portò alla diminuzione dell'economia legata alla transumanza, per i pastori fu un duro colpo e molti di loro furono costretti a emigrare in altre parti del mondo.

Con l'avvento della moderna zootecnia e l'allevamento intensivo direttamente negli allevamenti l'attività di transumanza si è fortemente ridotta. Al giorno d'oggi è praticata soltanto in limitate zone italiane, specialmente in alcune località alpine e prealpine della Valle d'Aosta, del Piemonte, della Liguria, della Svizzera italiana, dell'Altopiano di Asiago, della Lessinia, del Trentino, dell'Alto Adige e della Carnia, in altre appenniniche del Molise, dell'Abruzzo (principalmente verso il Tavoliere o l'Agro Romano), della Campania, della Puglia e del Lazio, nonché in Sardegna dai pastori di Villagrande e Arzana. In Sicilia viene ancora praticata nella zona delle Madonie, a Geraci Siculo. La terza domenica di maggio è la data in cui si sgavita a muntagna, cioè si rendono disponibili alle greggi i pascoli estivi del Demanio Montagna del comune di Geraci Siculo. Gli animali, provenienti dai vari pascoli di collina o pianura, attraversano per un intero giorno l'abitato di Geraci Siculo per trascorrere il periodo estivo in zona montana.


Fonte Wikipedia

venerdì 17 febbraio 2023

Tramonto !!

Tramonto


La sentite l’anima del luogo? Silenzio intorno, incantati dal blu del mare e del cielo, dagli aromi intensi della macchia mediterranea, da una leggerezza che lascia sospesi, ammaliati, il luogo perfetto per concedersi l'ascolto del silenzio.


giovedì 16 febbraio 2023

Cucina !!

Pignatta (cucina)


La pignatta è un tipo di pentola in terracotta. Può avere molte misure ma la sua forma è sempre panciuta, con il fondo piatto e uno o due manici. L'interno, e spesso anche l'esterno, è smaltato per garantire l'impermeabilità ed evitare che gli alimenti impregnino la porosità della terracotta lasciando odori e sapori. Se è a bordi bassi e con un solo manico si chiama tegame di terracotta.

Reperti risalenti al neolitico testimoniano come le pentole in terracotta (olle), con quelle in pietra ollare, furono i primi contenitori usati per cucinare. Era ampiamente diffusa nel passato tra i ceti popolari e il suo utilizzo è espressamente richiesto per la cottura di molti piatti tradizionali italiani.

Caratteristiche

basso costo

distribuzione del calore per l'alto spessore del materiale

riscaldamento lento, ma anche alta inerzia termica, ossia la capacità di mantenere il calore per un certo periodo quando viene tolta dal fuoco

rischio di rottura per urto

rischio di rottura per sbalzo eccessivo di temperatura, specie a contatto con fonti dirette di calore. Si presta bene alle cotture prolungate su fonti di calore indirette, come la stufa. Il rischio di rottura in caso di cottura su fornelli a gas può essere ridotto grazie all'uso di appositi retini frangifiamma.


Fonte Wikipedia

mercoledì 15 febbraio 2023

La cicoriella !!

Un campo coltivato a cicorielle

Le particolari caratteristiche organolettiche

Questa cicoria catalogna tipica della costa pugliese, tra Bisceglie, Molfetta e Giovinazzo ed in Salento nella zona compresa fra Lecce e Galatina (San Donato, Lequile, Monteroni, San Cesario, ecc.) è un’ortiva ricca di acqua (poco meno del 95%), ma anche di minerali e sostanze nutritive. In merito, ha sottolineato una ricercatrice del Cnr-Ispa di Bari. «Rispetto ai minerali ha un discreto contenuto di calcio e magnesio, ma è molto ricca in potassio (circa 200 mg/100 g di prodotto fresco, più o meno il contenuto del pomodoro rosso). I germogli hanno un limitato contenuto di zuccheri solubili che ne fanno un prodotto adatto ai diabetici e alle diete a basso apporto calorico, anche in virtù di un discreto contenuto di fitosteroli che hanno un’azione antidiabetica. Il contenuto di fenoli totali misurato nei germogli risulta paragonabile a quello di specie intensamente colorate (carote viola, cavolfiore viola) pur non attribuibile a sostanze fenoliche pigmentate; inoltre, la capacità antiossidante è elevata, di livello intermedio fra lattughe e carciofo. La Catalogna a puntarelle di questa zona costiera è stata oggetto di ricerca anche del progetto Cnr-Cisia (Conoscenze integrate per la sostenibilità e l’innovazione del made in Italy agroalimentare) che ne ha eseguito la caratterizzazione nutrizionale e genetica».


Fonte: Terra è Vita & BiodiverSO

martedì 14 febbraio 2023

La Tenda !!

La Tenda !!


[...]

I riferimenti  alla tenda nella Bibbia sono più di  trecento. La tenda, in accadico "casa della steppa", è la "ricchezza abitativa" del pastore che, costretto a spostarsi per pascolare il suo gregge, portava con sé la tenda, come casa mobile. Il primo pastore è Iabal «il padre di quelli che abitano sotto le tende presso il bestiame» (Gen 4,20). I patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe sono pastori che camminano con il loro gregge, scavano pozzi e si riparano dal caldo e dal freddo sotto le tende (cfr. Gen 12,8; 13, 3- 18; 25, 27; 26,17). La Lettera agli Ebrei, scritta da Paolo o da un suo discepolo, li ricorda come coloro che vissero «in una regione straniera, abitando sotto le tende» (cfr. Eb 11,8-10). La tenda per i nomadi era luogo d’incontro e d’accoglienza per i viandanti. Significativa è quella di Abramo, immagine di pace e ospitalità (Gen 18,1-2). [...]


Fonte Paoline 


lunedì 13 febbraio 2023

Licantropo !!

Licantropo


Lupo mannaro di Lucas Cranach il vecchio, 1512 circa, incisione, Gotha, Herzogliches Museum.


Il licantropo, (dal greco , lýkos «lupo» e ánthropos «umano» quindi letteralmente: «lupo-umano») detto anche lupo mannaro o uomo lupo, è una creatura leggendaria della mitologia e del folclore poi divenuta tipica della letteratura e del cinema dell'orrore.

Secondo la leggenda sarebbe un essere umano condannato da una maledizione (o già dalla nascita) a trasformarsi in una bestia feroce a ogni plenilunio, sebbene ci siano casi in cui la trasformazione è volontaria.

La forma di cui si racconta più spesso è quella del lupo, ma in determinate culture prevalgono l'orso, la volpe (kitsune), il bue (Erchitu) o il gatto selvatico. Nella narrativa, e nella cinematografia dell'orrore, sono stati aggiunti altri elementi che invece mancavano nella tradizione popolare, quali il fatto che lo si possa uccidere solo con un'arma d'argento, oppure che il licantropo trasmetta la propria condizione ad un altro essere umano dopo averlo morso. Alcuni credevano che uccidendo il lupo prima della prima trasformazione la maledizione venisse infranta.

Nella letteratura medica, con il termine licantropia clinica è stata descritta una rara sindrome psichiatrica che avrebbe colpito le persone, facendo sì che assumessero atteggiamenti da lupo durante particolari condizioni (come le notti di luna piena). In modo analogo un licantropo era semplicemente una persona affetta da questo disturbo ed è con questo unico significato che la voce è riportata su alcuni importanti dizionari della lingua italiana. In tempi recenti, l'esistenza di tale disturbo è stata considerata rarissima.

Etimologia

"Licantropo" viene dal greco lýkos, "lupo" e ánthropos, "uomo".

"Lupo mannaro" deriva dal latino volgare *lupus hominarium, cioè "lupo umano" o "lupo mangiatore di uomini" oppure dal latino lupi homines, sviluppatosi in area meridionale come calco del greco lykanthropoi cfr. pugliese centrale lëpòmënë e calabrese settentrionale lëpuòmmënë, a cui si sarebbe aggiunto un suffisso rë, come nell'abruzzese lopemënarë.

Storia e diffusione del mito

Origini

Il lupo è stato un animale soggetto ad un radicale processo di demonizzazione e successiva rivalutazione, dimostrando la sua intima connessione all'immaginario umano. Il lupo è un simbolo ambivalente: amato per gli stessi pregi che hanno fatto del suo discendente (il cane) l'animale domestico per eccellenza; invocato nei riti sciamanici come guida sul terreno di caccia, ammirato per la forza e l'astuzia, addomesticato per diventare un alleato, ma poi cacciato per impedirgli di predare le greggi e infine addirittura demonizzato durante il Medioevo.

Il modo di considerare il lupo muta, in maniera piuttosto brusca e radicale, col passaggio dell'uomo dal nomadismo, basato sulla caccia, alla cultura stanziale ed agricola. Il cacciatore ha bisogno della forza dell'animale totemico e del predatore, che lo può portare a scovare e a uccidere la preda, e il lupo è il predatore per eccellenza. Per i cacciatori nomadi delle steppe dell'Asia centrale era rappresentativo della tribù e suo protettore. Il pastore e l'allevatore, invece, hanno un rapporto radicalmente diverso con esso: il lupo diviene minaccia per le greggi ma, contemporaneamente, i suoi cuccioli, debitamente addestrati, possono divenire preziosi alleati contro i loro stessi simili.

Il mito di un essere umano che si trasforma in lupo o viceversa è antico e presente in molte culture. I miti che riguardano la figura del lupo hanno origine, con buona probabilità, nella prima età del bronzo, quando le migrazioni delle tribù nomadi indoarie le portarono in contatto con le popolazioni stanziali europee. Il substrato di religioni e miti "lunari" e femminili degli antichi europei si innestò nel complesso delle religioni "solari" e maschili dei nuovi arrivati, dando vita ai miti delle origini, in cui spesso il lupo è protagonista. La sovrapposizione tra i culti solari della caccia e quelli lunari della fertilità si riscontra nei miti che vedono il lupo come animale propiziatore della fecondazione. In Anatolia, fino ad epoca contemporanea, le donne sterili invocavano il lupo per avere figli. In Kamcatka, i contadini, nelle feste ottobrali, realizzavano con il fieno il simulacro di un lupo a cui recavano voti, perché le ragazze in età da marito si sposassero entro l'anno. Questo intimo legame, nel bene e nel male, tra l'uomo e i canidi ha fatto sì che tra tutti i mannari proprio quelli di stirpe lupina siano tra le specie con le origini documentabili più antiche.

Le leggende riguardo agli uomini-lupo si moltiplicano in tutta Europa dall'Alto Medioevo in poi. Il corpus mitologico che ne scaturisce si manterrà sostanzialmente in costante espansione fino al XVIII secolo, con punte di massima crescita tra il XIV e il XVII secolo, in coincidenza delle più grandi cacce alle streghe dell'Inquisizione. Dal Settecento in poi si tenderà a sconfessare apertamente la possibilità che un essere umano si muti fisicamente in un lupo e la licantropia rimarrà contemplata solamente dalla psichiatria come affezione patologica che porta il malato già "lunatico" a credersi bestia a tutti gli effetti. Nel folclore locale manterrà, invece, solide radici. [...]


Fonte Wikipedia 

domenica 12 febbraio 2023

Architettura dei pagliai nel territorio

Architettura dei pagliai nel territorio
e uliveti a sesto irregolare e regolare nel territorio

Costa nord-barese

Nella costa nord-barese e nella fascia premurgiana dei comuni di Trani, Bisceglie, Molfetta e Giovinazzo, il tipo di capanna più comune e dominante è sicuramente quello a gradoni (fino a quattro o cinque), costituito da una sovrapposizione di tronchi di cono di diametro decrescente, esistente sia in soluzioni monocellulari che doppie, in tal caso con estradosso unico per le due cupole in aggetto.

Secondo studiosi del settore, questa tipologia è diffusa dall’Ofanto sin quasi alla S.S. 96 (Bari-Altamura), con tendenza a rarefarsi e a ridursi di dimensioni a mano a mano che si procede dalla costa verso l’interno. Se ne può più esattamente vedere l’area di maggior frequenza limitata al tratto di costa compreso fra Barletta e Palese (Bari); e, all’interno, dai centri di Andria, Corato, Terlizzi e Bitonto.

Le dimensioni dei pagliai gradonati sono quasi sempre notevoli, potendo arrivare a 20-25 m di circonferenza ed a 6-7 m di altezza. Ve ne sono anche a pianta rettangolare con spigoli arrotondati e le dimensioni, anche in questa variante, superano i 6-7 m di lunghezza, 4-5 di larghezza  e 5 di altezza.  Inoltre, sono presenti costruzioni gradonate a due piani nell’area di Giovinazzo.

L’uso di dividere con soppalco in legno la struttura creando l’accesso a livelli differenti si ritrova anche in molte caselle liguri, nelle capanne gradonate abruzzesi, e, in Puglia, nel “Trullo di Papa Fedele” in territorio di Patù (LE).

Casèdde a quattro gradoni dell’agro di Bisceglie, sita all’interno dell’abitato. Presenta pianta ellissoidale all’esterno e quadrangolare all’interno. Un altro edificio, ora in gran parte crollato, sorge perpendicolarmente al primo. Entrambe le capanne erano in origine intonacate con un impasto di calce e bolo di cui residuano attualmente poche tracce. L’utilizzo dell’intonaco, è tipico anche delle capanne del litorale sud-barese e, probabilmente, doveva assolvere ad una funzione protettiva, oltre che igienica, nei confronti dei venti marini carichi di salsedine fortemente corrosiva.

Nella campagna tra Molfetta e Bitonto si rinvengono spesso anche capanne a tronchi di piramide sovrapposti e, secondo un altro studioso del settore, in genere gli angoli sono leggermente smussati e i “piani dei gradoni sono inclinati verso l’esterno e coperti di terriccio”.

Le capanne gradonate della costa nord-barese sono realizzate soprattutto con il calcare di Bari ma, a volte, anche con il tufo delle Murge e con la calcarenite (crusta) (ad esempio nella costa a nord di Trani), in base al substrato geologico su cui sorgono. In genere, specie nelle aree più vicine alla costa, il paramento murario sia interno che esterno della capanna veniva intonacato col bolo e scialbato con più strati di latte di calce per garantirne l’impermeabilità. Le superfici orizzontali (i gradoni e la parte terminale della capanna), prima di essere intonacate, venivano riempite e livellate con uno strato di ghiaietto o di terriccio e stoppie.

Nell’area interessata da questa tipologia a torre gradonata, vi è la prevalenza colturale dell’oliveto e del mandorleto e, di conseguenza, l’utilizzo che ne veniva fatto, era quello di ricovero per animali e contadini durante il raccolto e di deposito degli attrezzi agricoli.

Un’altra tipologia di capanna, che però si incontra in maniera più sporadica rispetto alla forma gradonata, è quella estradossata cupoliforme-sferica. Sebbene diffusa soprattutto negli agri di Giovinazzo, Modugno e Bitonto, in realtà, questa tipologia è presente in maniera più o meno discontinua da Bisceglie fino a Palese, e sembra essere stata adibita in passato ad abitazione permanente: queste costruzioni sono, infatti, quasi sempre presenti in aggregazioni di più ambienti quadrangolari intonacati, imbiancati e spesse volte comunicanti internamente, e vi è la presenza fissa dei focolari interni con fumaiolo esterno.

Inoltre, in alcuni casi, come a Giovinazzo e a Palese, queste costruzioni sono presenti nell’abitato e sono state inglobate da esso, testimonianza di un loro utilizzo come abitazione permanente fino a tempi recenti.

Quando non presenti nell’abitato, queste strutture possono trovarsi in siti originariamente caratterizzati dal vigneto e dall’arborato misto (Bisceglie), oppure da colture orticole e legnose, specie l’oliveto e il vigneto (Palese).

Strutturalmente si presentano secondo un grosso basamento parallelepipedo o rotondeggiante in lastre di pietra poste in opera a secco o su strati di intonaco di bolo. Il coronamento è sempre effettuato con conci di tufo squadrati. L’estradosso delle coperture, di forma emisferica, veniva ricoperto originariamente con un intonaco a base di bolo o, più di recente, con intonaco di coccio pesto e calce.

È frequente notare la presenza di piccoli conci sporgenti dalla superficie della copertura che un tempo servivano come gradini o appoggi per ispezionare la cupola in vista di una sua manutenzione periodica.

Proseguendo da Palese in direzione di Bari città, riaffiora il materiale calcarenitico (tufi delle Murge) lungo la costa, e le costruzioni trovano nuove soluzioni formali. Già in agro di Palese, nel sito Cappella di Bovia, si trova un manufatto, con originaria destinazione di abitazione permanente, che presenta un corpo con impianto rettangolare modulato su tre campate con ingresso in testa; in aderenza è presente un volume minore ad unico vano. La struttura muraria è in opera incerta di spezzoni di tufo con coronamento di tufi squadrati; gli interni sono rivestiti da un impasto di bolo e imbiancati. L’estradosso delle tre coperture è stato ricoperto da un cumulo di terra vegetale.

Inizia da qui un accorgimento formale, frequentissimo nei dintorni di Santo Spirito, che consiste nel mantenere i cupolini della cupola in aggetto entro un unico corpo. Mentre nella tipologia dalla forma estradossata cupoliforme-sferica, analizzata precedentemente, la tendenza era quella di mantenere le coperture separate e nel ricoprirle di intonaco, qui probabilmente a causa del diverso materiale (meno resistente), si è preferito consolidare la struttura con un consistente riempimento lapideo tra le cupole, in modo da avere un unico corpo esterno.

La gran parte di queste costruzioni, poi, aveva, come nel caso precedente, come principale destinazione quella di dimora permanente e, di conseguenza, l’impianto interno è sempre a base quadrangolare; l’esterno può assumere o una forma ellissoidale oppure quadrangolare a spigoli arrotondati. Ma la soluzione formale più tipica di S. Spirito è quella che prevede l’aggregazione di due ambienti quadrangolari con copertura in aggetto e ricoperti esternamente da abbondante materiale lapideo e terra vegetale; il tutto veniva poi intonacato con il bolo e scialbato a latte di calce. Inoltre, esternamente venivano posti per ogni ambiente voltato, in corrispondenza delle pietre in chiave di volta, dei pinnacoli cuspidati che sono l’unico modo per attestare, dal di fuori, la presenza di più ambienti interni. Spesso è presente un bastione anulare esterno al basamento con funzione di contrafforte: su di esso, e fino alla copertura del tetto, sono presenti spuntoni di pietra a mensola con andamento a spirale che permettevano la manutenzione periodica della costruzione.

L’interno di questi edifici è in genere fornito di mangiatoia per gli animali da soma e di un piccolo focolare ricavato entro lo spessore murario. Occorre rilevare, inoltre, la diversa destinazione d’uso dei terreni che in quest’area erano, fino a tempi recenti, adibiti a seminativo e non ad arborato misto.

In agro di Bari, nelle zone retrostanti la cimosa costiera, in aree un tempo occupate dall’arborato misto (oliveto e mandorleto), troviamo tipologie abbastanza simili a quelle della costa di S. Spirito, con ambienti quadrati disposti in serie con ingresso unico e estradosso delle cupole ricoperto da abbondante pietrisco e cumulo di terra. La differenza consiste nella destinazione d’uso che essendo qui solo temporanea (stalla per animali da soma e da lavoro e ricovero attrezzi agricoli), non richiedeva tutti quegli accorgimenti estetico-formali, come l’intonacatura e la scialbatura esterna, necessari nelle costruzioni precedenti.

Queste capanne sono presenti negli uliveti, distinti in due tipi:

Oliveti a sesto irregolare (primo piano) e regolare (secondo piano), in Puglia

Un oliveto è un terreno piantato a olivi, ma può essere considerato anche come il complesso degli olivi che vi sono piantati. È anche frequente come toponimo.

Dalla coltura di tale pianta si producono le olive dalle quali viene prodotto l'olio. L'olio ottenuto dalla spremitura di olive sane è detto extra vergine, in quanto ha subìto solamente processi meccanici e fisici, cioè frangitura ed estrazione o spremitura, e deve avere acidità massima di 0,8, oltre il quale è classificato come vergine o vergine corrente sino al lampante, quest'ultimo non commestibile. Tuttavia è impossibile trovare in vendita oli che non siano extra vergini.

L'olio di oliva che troviamo comunemente in vendita classificato appunto "Olio di Oliva" è ottenuto dalla raffinazione chimica degli oli lampanti e vergini con piccola aggiunta di extra vergine. Questo processo si ottiene con deodorazione e decolorazione mediante solventi chimici. Stesso discorso vale per l'olio di sansa, anch'esso ottenuto tramite solventi chimici.

Secondo gli ultimi dati Ismea del 2017, le regioni con maggiori piantagioni di oliveti sono la Puglia, la Calabria e la Sicilia.

Piana degli ulivi millenari

Nel brindisino, vi è la cosiddetta "Piana degli ulivi millenari", in cui si trovano le più vaste distese di ulivi millenari al mondo. La zona comprende i comuni di Fasano, Ostuni e Carovigno, in special modo le zone tra Montalbano, Villanova e la borgata Serranova di Carovigno.


Fonte Wikipedia e M. Miosi autore della prima sintesi sulle capanne in pietra a secco con cupola.. Il libro intitolato : Tholoi d'Italia. Trulli e capanne in pietra a secco con copertura a tholos é uscito nelle Edizioni di Pagina nel 2012.