sabato 27 gennaio 2024

Olocausto

La Sala dei Nomi dello Yad Vashem a Gerusalemme 
con foto e nomi di vittime ebraiche dell'Olocausto


Il termine Olocausto indica, a partire dalla seconda metà del XX secolo, il genocidio di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista e i loro alleati, dello sterminio di tutte le categorie di persone ritenute dai nazisti "indesiderabili" o "inferiori" per motivi politici o razziali, tra cui gli ebrei d'Europa. Oltre agli ebrei, furono vittime dell'Olocausto le popolazioni slave delle regioni occupate nell'Europa orientale e nei Balcani, neri europei e, quindi, prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, massoni, religiosi cristiani, minoranze etniche come rom, sinti e jenisch, gruppi religiosi come Testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali e persone con disabilità mentali o fisiche

Percentuali e numero delle vittime dell'Olocausto secondo i dati dello United States Holocaust Memorial Museum.

Vittime % Numero (approssimativo)

Ebrei (Jews) 42% 6 milioni

Polacchi, Ucraini e Bielorussi (Ethnic Poles, Ukranians & Belarusians) 22% 3,5 / 4 milioni

Prigionieri di guerra sovietici (Soviet POWs) 20% 3 milioni

Politici (Politicals) 10% 1,5 / 2 milioni

Jugoslavi (Jugoslavia) 3% 320 000 / 350 000 (serbi); 20 000 / 25 000 (sloveni)

Rom 2% 196 000 / 300 000

Disabili (Disabled) 1% 250 000 / 270 000

Altri (Other) 1% 5 000 / 15 000 (omosessuali); 1 900 (testimoni di Geova); piccoli gruppi di afro-europei; ecc.

Vittime dell'Olocausto sono state tutte le persone uccise a seguito delle misure di persecuzione razziale e politica, di pulizia etnica e di genocidio, messe in atto dal regime nazista del Terzo Reich e dai loro alleati, tra il 1933 e il 1945.

La parola "Olocausto" deriva dal greco ὁλόκαυστος (holòkaustos, "bruciato interamente"), a sua volta composta da ὅλος (hòlos, "tutto intero") e καίω (kàiō, "brucio"), ed era inizialmente utilizzata ad indicare la più retta forma di sacrificio prevista dal giudaismo. L'Olocausto inteso come genocidio degli ebrei dovrebbe essere identificato più correttamente col termine Shoah (in ebraico שואה‎?), lett. "catastrofe, distruzione", termine citato ad esempio nel Libro del Profeta Isaia 47,11, in quanto, con questo termine, non è previsto un riscatto o compiacimento divino come effetto di così tanto sacrificio di vite. Lo storico Saul Friedländer, nel libro Gli anni dello sterminio, descrisse la Germania nazista e gli ebrei, titolando "Shoah" la parte terza della sua opera, in cui narrò lo sterminio nel periodo 1942-1945, e trovando così ragioni storico-politiche nel diffuso antisemitismo secolare.

L'eliminazione di circa i due terzi degli ebrei d'Europa venne organizzata e portata a termine dalla Germania nazista mediante un complesso apparato amministrativo, economico e militare che coinvolse gran parte delle strutture di potere burocratiche del regime, con uno sviluppo progressivo che ebbe inizio nel 1933, con la segregazione degli ebrei tedeschi, e che poi proseguì, estendendosi a tutta l'Europa occupata dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, con il concentramento e la deportazione, e quindi culminò dal 1941 con lo sterminio fisico per mezzo di eccidi di massa sul territorio da parte di reparti speciali e, soprattutto, in strutture di annientamento appositamente predisposte (campi di sterminio), in cui attuare quella che i nazisti denominarono soluzione finale della questione ebraica. L'annientamento degli ebrei nei centri di sterminio non trova nella storia altri esempi a cui possa essere paragonato, per le sue dimensioni e per le caratteristiche organizzative e tecniche dispiegate dalla macchina di distruzione nazista


[...]


Fonte Wikipedia

venerdì 26 gennaio 2024

Fiducia

Foresta del Casentino

"La parola fiducia scandisce [...]

il cammino che si sviluppa attorno 

alla Pieve di Romena in un suggestivo 

sentiero immerso nella campagna 

e nei boschi del Casentino."


Alberto Maggi, Fiducia, Casa Ed. Romena, Aprile 2023. pag. 7


Il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna è un parco nazionale istituito nel 1993, situato nell'Appennino tosco-romagnolo, lungo il confine delle regioni Emilia-Romagna e Toscana, a cavallo tra le province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze. Dal 23 settembre 1985 la R.N.I. di Sasso Fratino è insignita del Diploma delle Aree protette del Consiglio d'Europa (Risoluzione (85) 12 del 23.9.85), mentre il 7 luglio 2017, a Cracovia, la Commissione UNESCO ha inserito la Riserva naturale integrale di Sasso Fratino e le faggete vetuste ricomprese nel perimetro del parco, nel Patrimonio dell'umanità all'interno del sito seriale Primeval Beech Forests of the Carpathians and Other Regions of Europe.

Nell'aprile 2021 il Parco è stato inserito nella Green List IUCN.(Unione Internazionale per la Conservazione della Natura)

[...]

La riserva naturale biogenetica Campigna è un'area naturale protetta statale in Emilia-Romagna istituita nel 1977, che fa parte del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, occupando una superficie di 1 375 ha nella provincia di Forlì-Cesena. La sua foresta è una delle 149 riserve naturali e foreste demaniali del Raggruppamento Carabinieri per la Biodiversità, inserita nel complesso delle Riserve Naturali Biogenetiche Casentinesi gestite dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Pratovecchio (AR), nonché una Zona di Protezione Speciale ai sensi della Direttiva 79/409/CEE riguardante la protezione degli uccelli e un Sito di interesse comunitario ai sensi della Direttiva 92/43CEE.

[...]

Fonte Wikipedia 

mercoledì 24 gennaio 2024

Il pepe

 Il pepe tricolore


Luogo d'origine India

Diffusione mondiale

Categoria condimento

Il pepe è una spezia che si ricava dalle piante del genere Piper, che appartengono alla famiglia delle Piperacee. La specie più importante, il Piper nigrum, è quella da cui si ricavano diverse varietà di pepe, fra cui il pepe nero e quello bianco, e tutte dal sapore piccante e dalle presunte proprietà afrodisiache.Il termine "pepe" identifica inoltre il "pepe lungo" (Piper longum), meno apprezzato a causa del suo sapore bruciante.

Etimologia

La parola pepe deriva dal latino piper, a sua volta dal greco antico péperi, da confrontare con le voci indiane antiche (India dell'Ovest) pippali e pippalam "bacca, grano di pepe". Dall'accusativo pipere(m) derivano l'italiano settentrionale pévere (cfr. toscano antico [salsa] peverada), il veglioto pipre, il francese poivre e il provenzale, catalano e spagnolo (in disuso) pebre; questa è anche alla base del tedesco Pfeffer, dell'inglese pepper, del gallese pwbyr, del polacco pieprz, del basco biper e del greco moderno pipéri.

Storia

Il pepe è stato usato come spezia in India sin dalla preistoria. È stato coltivato per la prima volta, molto probabilmente, lungo le coste del Malabar in India, attualmente corrispondente allo Stato del Kerala.

Il pepe era una materia prima pregiata e spesso era chiamato l'oro nero e usato come moneta di scambio.

La storia del pepe nero è spesso intrecciata e confusa con il pepe lungo. Gli antichi Romani conoscevano entrambi i frutti che spesso confondevano ed equiparavano gli uni agli altri. Alla scoperta del continente americano, e quindi del "pepe del Cile", il pepe lungo cominciò a declinare fino all'estinzione. Il pepe del Cile, che per forma e gusto è simile al pepe lungo, era più facile da coltivare e situato in una zona che rendeva più agevole il trasporto. Fino a ben oltre il Medioevo tutto il pepe nero che si trovava in Europa, Medio Oriente e Nord Africa proveniva dalla regione indiana del Malabar. Dal XVI secolo il pepe veniva importato anche da Indonesia, Madagascar, Malaysia e da altri Stati del Sud-est asiatico. Questi ultimi Stati commerciavano prevalentemente con la Cina o lo usavano per il consumo interno.

Il pepe nero, assieme ad altre spezie prodotte in India e nei Paesi del Sud-est asiatico, ha cambiato la storia del mondo. Fu dovuta alla preziosità delle spezie la ricerca pervicace, da parte degli Stati europei, della rotta per le Indie e la conseguente colonizzazione di quei Paesi, così come era avvenuto prima con il continente americano.

Il pepe nell'antichità

Un grano di pepe nero fu trovato nella narice del corpo mummificato del faraone Ramesse II, deceduto nel 1212 a.C. Poco si conosce circa l'uso del pepe nell'antico Egitto, né si sa come potesse raggiungere le rive del Nilo dall'India.

Il pepe nero e il pepe lungo erano conosciuti in Grecia già prima del IV secolo a.C., anche se poco diffusi e molto costosi, accessibili solo ai ricchi. Le rotte di allora erano sicuramente per via terrestre o per via marittima costeggiando il Mar Arabico.

Il pepe lungo che cresceva nel Nord-ovest dell'India era meno caro del pepe nero. Questo fatto avvantaggiò maggiormente il commercio del primo a discapito del pepe nero. Dai tempi dell'Impero romano, specialmente dopo la conquista dell'Egitto da parte di Roma nel 30 a.C., la traversata dell'oceano Indiano fino alle coste del Malabar era abbastanza diffusa. Dettagli di questa rotta commerciale attraverso l'oceano Indiano ci sono stati tramandati dal Periplus Maris Erythraei. Secondo lo storico romano Strabone, il primo Impero inviò una flotta di circa 120 navi per un annuale viaggio per l'India e ritorno. La flotta programmò il viaggio attraverso il Mar Arabico in modo da trarre vantaggio dai monsoni che spirano in quella zona in alcuni mesi dell'anno.

Nel viaggio di ritorno, le navi attraversarono il Mar Rosso, dalle cui rive furono trasportate via terra o navigarono per il canale del Nilo fino al fiume Nilo e da qui su chiatte fino ad Alessandria. Da qui proseguirono per Roma. Questa rotta commerciale dall'India per l'Europa dominerà il commercio del pepe per i successivi 1500 anni. Con le navi che partivano direttamente dalle coste del Malabar, il pepe nero percorreva ora una rotta più breve rispetto al pepe lungo e quindi il suo prezzo divenne più conveniente. Plinio il Vecchio nella sua Storia naturale ci dice i prezzi a Roma intorno al 77 d.C.: il pepe lungo costava 45 denari al chilogrammo, mentre il pepe bianco costava 18 denari e il pepe nero soltanto 9 denari. Plinio si lamentava: "Non vi è anno in cui l'India non dreni 50 milioni di sesterzi all'Impero romano" e altri moralismi sul pepe:

«È sorprendente che l'uso del pepe sia diventato così di moda, vedendo che nelle altre sostanze che usiamo è la dolcezza o la loro apparenza che ha attratto la nostra attenzione: il pepe non ha nulla in sé che possa implorare una raccomandazione come altri frutti, avendo come unica qualità una certa piccantezza; ed è per questo che ora lo importiamo dall'India! Chi fu il primo che fece di esso un genere alimentare? E chi, per mia meraviglia, non fu contento di preparare per sé stesso un pasto che servisse soltanto a saziare un robusto appetito?»

Il pepe nero era quindi molto conosciuto e diffuso nell'Impero romano, anche se era molto costoso. Apicio nel De re coquinaria, un libro di cucina del III secolo basato almeno in parte su uno del I secolo, inserisce il pepe nella maggioranza delle ricette. Edward Gibbon scrisse nel libro The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, che il pepe era «l'ingrediente preferito nella più esclusiva cucina romana».

Il pepe nell'Europa postclassica

Il pepe aveva una così alta quotazione da essere spesso usato come valore di scambio nei mercati finanziari e spesso addirittura come moneta. Il gusto del pepe (o l'apprezzamento del suo valore monetario), aumentarono l'appetito di chi voleva la caduta di Roma. Si dice che sia l'unno Attila sia il visigoto Alarico chiesero per la salvezza di Roma un riscatto di oltre una tonnellata di pepe, quando assediarono la città nel V secolo. Dopo la caduta di Roma, prima i Bizantini e poi gli Arabi assunsero il controllo del traffico del pepe. Alla fine dell'Alto Medioevo il controllo del traffico del pepe era saldamente nelle mani degli islamici. Un tempo nel Mar Mediterraneo il commercio era monopolizzato da alcuni Stati italiani quali la Repubblica di Venezia e la Repubblica di Genova. Lo sviluppo di queste città-Stato fu dovuto per la massima parte al commercio del pepe.

È comune credenza che nel Medioevo il pepe fosse usato per migliorare il sapore della carne parzialmente andata a male; non vi è alcuna evidenza che supporti questa diceria e gli storici ritengono questo altamente inverosimile. Nel Medioevo il pepe era un genere di lusso che poteva essere comperato soltanto da gente facoltosa che non aveva bisogno di questi sotterfugi potendo comperare carne fresca.

Altri sostengono che il pepe veniva aggiunto al vino o alla birra andata a male per migliorarne il sapore, ma anche in questo caso vale quanto considerato sopra. Altrettanto inesatta è la credenza che il pepe venisse usato largamente come antibatterico; pur essendo vero che la piperina, la sostanza che dona al pepe la sua piccantezza, ha alcune proprietà antimicrobiche, è altrettanto vero che la concentrazione usata per la speziatura delle vivande aveva uno scarsissimo effetto terapeutico.

Il suo prezzo esorbitante durante il Medioevo e il monopolio del commercio detenuto dalle Repubbliche marinare italiane furono tra i motivi che indussero il Portogallo a cercare una rotta marina per l'India. Nel 1498 Vasco da Gama fu il primo europeo a giungere in India via mare. A Calicut gli Arabi gli chiesero perché fosse venuto e lui rispose "cerchiamo cristiani e spezie". Benché questo primo viaggio in India, passando per il capo di Buona Speranza, sia stato un modesto successo, i portoghesi tornarono presto in gran numero e usando la loro superiore potenza navale ottennero il controllo completo del traffico delle spezie nell'oceano Indiano. Questo fu l'inizio del primo impero europeo in Asia, che ebbe maggiore legittimazione (almeno da una prospettiva europea) dal trattato di Tordesillas, il quale garantiva al Portogallo diritti esclusivi sulla metà del traffico mondiale del pepe.

I Portoghesi non furono però capaci di mantenere a lungo la loro supremazia sul traffico del pepe. La vecchia rete commerciale di Arabi e Veneziani contrabbandò con successo enormi quantità di pepe, eludendo la scarsa sorveglianza portoghese. Ancora una volta enormi quantitativi di pepe raggiungevano Alessandria e l'Italia.

Nel XVII secolo i Portoghesi cedettero quasi interamente i loro possedimenti dell'oceano Indiano a Olandesi e Inglesi. Il porto di Malabar cadde in mani olandesi fra il 1661 e il 1663.

A causa dell'incremento dell'importazione il prezzo del pepe declinò molto rapidamente. Questa spezia, che nel Medioevo era appannaggio dei soli ricchi, divenne così diffusa da poter essere usata giornalmente da tutti o quasi.

Il pepe in Cina

È possibile che il pepe fosse conosciuto in Cina già nel II secolo a.C., se la notizia riportata da un esploratore di nome Tang Meng è corretta. Inviato dall'imperatore cinese Wu Han nella regione che è ora il Sud-ovest della Cina, Tang Meng disse di essere venuto attraversando qualcosa chiamato jujiang o salsa di betel. Egli disse di venire dal mercato di Shu, l'attuale provincia cinese di Sikiang. Il punto di vista degli storici è che la salsa di betel sia una salsa fatta con le foglie di betel, ma alcuni fondati argomenti fanno pensare che si tratti di pepe. Nel III secolo d.C., il pepe appare per la prima volta in modo sicuro in testi cinesi come hujiao o pepe straniero.

Marco Polo testimoniò sulla popolarità del pepe nella Cina del XIII secolo quando relazionò sul suo consumo nella città di Kinsay (Zhejiang): « [...] Messer Marco udì da uno degli ufficiali delle dogane del Gran Khan che la quantità giornaliera di pepe introdotta nella città ammontava a circa 4.100 chilogrammi.» Marco Polo non è considerato un testimone molto attendibile riguardo alla Cina, con le sue notizie di seconda mano, ma se la sua testimonianza fosse reale l'importazione di pepe della Cina avrebbe superato quella della intera Europa.

Il pepe come medicina

Come tutte le spezie orientali, il pepe è stato nella storia sia un condimento sia una medicina. Il pepe nero figura nei rimedi della medicina Ayurveda, Siddha e Unani in India. Il Libro siriano di medicina del V secolo prescrive pepe per le seguenti malattie: costipazione, diarrea, mal d'orecchio, gangrena, malattie di cuore, ernia, indigestione, punture d'insetto, insonnia, problemi epatici, ascessi orali e altro ancora. Varie fonti, dal V secolo in avanti, raccomandano l'uso del pepe nei problemi agli occhi applicando pomate o cataplasmi fatti con il pepe direttamente sugli occhi.

Non vi è alcun riscontro medico che tali trattamenti potessero apportare alcun beneficio.

Il pepe è escluso dalla dieta di pazienti operati all'addome o con ulcera addominale in corso per il suo effetto irritante.

Il pepe dovrebbe essere bandito dalla tavola di persone affette da: reflusso gastro-esofageo, esofagite, ulcera gastrica, ulcera duodenale, tutte le malattie dell'intestino, dalle coliti al morbo di Crohn, da diverticolite al semplice colon irritabile, emorroidi di qualsiasi grado, ragadi anali.

Specie e tipologie

Pepe nero

La specie Piper nigrum produce, a seconda della fase della raccolta e del tipo di preparazione, pepe nero, bianco e verde.

Il pepe nero è il tipo di pepe più diffuso e viene prodotto dal frutto acerbo della pianta di pepe. I frutti vengono sbollentati brevemente in acqua calda sia per lavarli sia per prepararli all'essiccamento. La rottura della polpa, durante l'essiccamento, velocizza l'annerimento del grano di pepe. I grani vengono essiccati al sole, o con appositi essiccatoi, per diversi giorni durante i quali i frutti si disidratano e anneriscono. Il pepe nero è spesso denominato secondo il luogo di produzione: India, Malabar, Malaysia, Indonesia e altri paesi. Quando il pepe nero viene polverizzato assume una colorazione grigiastra dovuta al nero della polpa essiccata e al bianco del seme.

Pepe bianco

Il pepe bianco è dato dal solo seme del frutto. Si ottiene tenendo a bagno per circa una settimana il frutto del pepe, in questo modo la polpa si decompone e può facilmente essere eliminata. Rimosso il mesocarpo, il seme viene essiccato. Processi alternativi sono usati per rimuovere la polpa dal frutto compresa la rimozione della buccia essiccata dal pepe nero. Il pepe bianco viene utilizzato soprattutto nella preparazione delle salse colorate, dove il nero della polpa rimarrebbe visibile.

Pepe verde

Così come il nero, viene prodotto dal frutto acerbo. Nel procedimento di essiccazione viene trattato con diossido di zolfo in modo da mantenere il colore verde del frutto. Il pepe verde in salamoia è un pepe acerbo conservato in salamoia o sotto aceto. Nella cucina del Sud-est asiatico, e in modo particolare nella cucina tailandese, viene comunemente usato il pepe acerbo in grani appena raccolto dalla pianta.

Altre specie del genere Piper

Piper longum: è costituito da spighette molto simili per sapore al pepe nero, ma di forma conica allungata, con numerose drupe, piccole, che non si separano. Si macina la spiga intera. Questo pepe è stato molto utilizzato nell'antichità e nel Medioevo.

Piper cubeba: chiamato comunemente pepe grigio produce grani di pepe tondi provvisti di una piccola coda.

Piper borbonense

Altre specie

Pepe rosa o falso pepe peruviano: è la bacca di colore rosa, dal gusto simile a quello del pepe, di un albero del genere Schinus.

Creola: miscela di pepe bianco, pepe nero, pepe verde, pepe rosa e pimento.

Pepe garofanato: è il pimento, spezia erroneamente associata al pepe per via del suo nome (che in spagnolo significa appunto pepe).

Pepe di Sichuan: bacche di una pianta asiatica del genere Zanthoxylum.


Fonte Wikipedia 

martedì 23 gennaio 2024

Pozzo

F. Speranza Piazza 1945

Il termine pozzo indica una struttura artificiale, solitamente di forma circolare e di dimensioni variabili, da cui si estrae dal sottosuolo l'acqua delle falde acquifere.

Terminologia

L'acqua estratta dai pozzi può provenire da falde che possono essere freatiche oppure artesiane, a seconda che il flusso dell'acqua che le permea sia "a pelo libero" oppure "in pressione". In dipendenza dell'uno o dell'altro caso il pozzo si definisce freatico oppure artesiano.

Per analogia, col passare dei secoli, il termine "pozzo" è stato esteso agli analoghi manufatti scavati per estrarre dal suolo minerali (pozzi minerari), come nelle miniere di carbone, oppure petrolio (pozzi petroliferi) e dei gas ad esso associati (pozzi metaniferi), ecc., nonché a contenere qualcosa (es.: pozzo della neve o neviera). Lo stesso termine si usa in ambito speleologico per indicare cavità naturali ad andamento verticale.

Anche le strutture esterne, le cosiddette "vere di pozzo" o puteali, realizzate, per protezione dalle cadute e/o per estetica, attorno all'imboccatura dei pozzi e delle cisterne, vengono impropriamente chiamate "pozzi".

Storia

I pozzi più antichi di cui si conoscono tracce certe risalgono al Neolitico. Ad Atlit Yam in Israele è stato trovato un pozzo datato 8100-7500 a.C.: è il più antico conosciuto. Ne sono stati trovati altri dello stesso periodo a Kissonerga-Mylouthkia e Shillourokambos (Cipro).

Nella Bibbia si parla di alcuni pozzi: il pozzo di Lacai-Roi (nella Genesi), il pozzo di Betlemme (nel Secondo libro di Samuele), il pozzo di Bet-Eked (nel secondo libro dei Re), il pozzo di Giacobbe (nel Vangelo di Giovanni) e il metaforico pozzo dell'Abisso (l'Inferno, nell'Apocalisse).

Nella pittura i pozzi sono stati rappresentati da Paul Signac (Donne al pozzo), Paul Cézanne (Paesaggio con pozzo), Giovanni Battista Piazzetta (Rebecca al pozzo) e altri.

Descrizione

Pozzi artesiani

Con questo termine vengono indicati quei pozzi perforati e rivestiti di tubi, dal quale l'acqua fuoriesce spontaneamente al di sopra della superficie del piano campagna, a causa della pressione, superiore a quella che avrebbe se scorresse "a pelo libero" sul suolo.

Il loro nome deriva dalla regione francese dell'Artois, in cui per caso si notò per la prima volta, nel corso di una perforazione del suolo, questo fenomeno, poi spiegato dalla scienza Idraulica.

Pozzi "naturali"

Esistono pozzi anche non artificiali, e sono così dette quelle cavità naturali a sviluppo verticale tipiche del fenomeno carsico, che assolvono a volte anche la funzione di inghiottitoio. Localmente sono dette anche gravi, come nell'altopiano murgiano in Puglia; in altre aree i pozzi molto profondi prendono il nome di "abisso".

I pozzi sono in genere oggetto di esplorazione dagli appassionati della speleologia. Si tratta però di ambienti la cui esplorazione è da affrontare sempre con molta cautela, con l'attrezzatura adatta e padronanza delle tecniche, al fine di evitare incidenti. Tra i pozzi di questa categoria si possono ricordare le cosiddette Grave di Faraualla, nei pressi della Masseria Franchini che si trova sullo spartiacque delle Murge nord-baresi, lungo la strada provinciale Corato-Gravina. Si tratta di tre voragini-inghiottitoio, distanti tra di loro non più di una cinquantina di metri, la più profonda delle quali supera i 350 m al di sotto del piano campagna.

Numerosi pozzi speleologici si trovano in altre aree carsiche del mondo, in Italia ed in Istria e tra questi vanno ricordate anche le foibe, tristemente famose per i noti fatti risalenti agli ultimi atti della seconda guerra mondiale.

In Italia la legge n. 36 del 5/1/1994 ha stabilito che tutte le acque, profonde e superficiali (escluse quelle piovane) sono pubbliche e pertanto gli usi produttivi (non domestici perché lo esclude la stessa legge del 1933) devono essere assoggettati a concessione. Pertanto chi possiede un pozzo deve essere in possesso di concessione, e pagare per l'acqua estratta. Per scavarne uno nuovo è necessaria la richiesta e l'approvazione della concessione appropriata, nella quale si specifica l'utenza e la portata massima consentita.


Fonte Wikipedia 

domenica 21 gennaio 2024

dell'Ironia

 dell'Ironia 


L'ironia (dal greco eironeía, «dissimulazione») consiste nell'affermare il contrario di ciò che si pensa con lo scopo di ridicolizzare o sottolineare concetti per provocare una risata. L'ironia implica una critica, ma si differenzia nettamente dal sarcasmo, che implica anche disprezzo. Si possono definire tre accezioni di tema, di una struttura discorsiva e di una figura retorica. È sempre una "etero-ironia", generalmente contingente e situazionale, per cui si ironizza su qualcosa o su qualcuno nel momento in cui se ne parla.

L'ironia psicologica, che implica un tipo di indagine sul comportamento umano, per la quale si fa riferimento a Sigmund Freud, il primo che ne ha fatto oggetto di studio sistematico. È già in parte "auto-ironia", nel senso che i fenomeni di cui si occupa e i problemi che pone riguardano la mente umana in generale e quindi anche la psicoanalisi.

L'ironia filosofica, che concerne il rapporto dell'uomo con la realtà extra-umana. È spesso "auto-ironia" perché il soggetto ironizzante è anche direttamente l'oggetto dell'ironia che fa. L'ironia filosofica si articola in indirizzi molto differenti, perché i suoi quattro principali tipi identificabili (socratica, illuministica, romantica, esistenziale) sono totalmente differenti l'uno dall'altro.

In letteratura, l'ironia è una figura retorica in cui vi è una incongruità, una discordanza oppure una involontaria connessione con il vero, che va al di là del semplice ed evidente significato della parola.


L'ironia verbale e situazionale viene spesso usata intenzionalmente per enfatizzare l'affermazione di una verità. La forma ironica della similitudine, del sarcasmo o della litote può includere l'enfasi di un significato mediante l'uso deliberato di una locuzione che afferma l'esatto opposto della verità o che drasticamente e ovviamente sminuisce una connessione di fatto.

Indice

Ironia sociale

Il modo di ironizzare tipico dello stare in società o in gruppo sta nel rapporto di un soggetto che ironizza con degli ascoltatori o degli interlocutori, per cui il significato, il valore e l'efficacia dell'ironia sono in funzione del contesto in cui la si fa e dell'argomento che viene considerato.

Ironia psicologica

Ineludibile il riferimento a Freud per questo tipo di ironia, colui che ne ha fatto oggetto di studio profondo, analizzando i modi e le circostanze in cui un soggetto diventa comico o può esser visto come tale. In questo caso l'analisi, in quanto scientifica, non ha come fine di indurre al riso, ma piuttosto di sensibilizzare alle problematiche connesse alla psiche, alla sua normalità e alle sue anormalità.

Ironia filosofica

In senso freudiano l'ironia consiste nell'esprimere idee che violano la censura dei tabù. In alcuni casi consiste nel far intendere una cosa mediante una frase di senso esattamente opposto. Ne sono alcuni semplici esempi:

"Che bell'auto!" di fronte a un catorcio

"Hai avuto proprio un'idea geniale!" nel caso in cui una decisione abbia avuto effetti disastrosi.

In effetti Freud ha dato al suo concetto di ironia uno spessore ben maggiore, che l'avvicina a quella filosofica.

Numerosissimi sono gli utilizzi a cui questa figura retorica e le sue derivazioni si prestano nel mondo della comicità e ancor più specificatamente nella satira.

Il termine viene inoltre generalmente associato al sarcasmo, presentando nell'uso comune significati affini se non proprio sinonimi. In realtà i due termini si differenziano molto tra loro.

A questi significati di ironia dove prevale l'elemento psicologico si affiancano quelli filosofici, che sono completamente differenti e semmai più vicini all'auto-ironia. Ma anche l'autoironia non è sempre la stessa. L'ironia di Socrate è un'autoironia finta, perché egli si finge ignorante per meglio mettere poi in difficoltà il dialogante, mentre nel caso di Diderot nel Il nipote di Rameau il filosofo, nel confrontarsi con l'ignorante opportunista e senza scrupoli, è realmente autoironico. Se questi due casi sono gli estremi di un'ironia filosofica astuta in Socrate e sofferta in Diderot, tra essi si pone una gamma molto vasta di atteggiamenti ironici filosofici, che si caratterizzano sempre per una messa in discussione di ciò che si è o si può essere. Da un lato l'ironia come strumento e dall'altro lato come risultato di una sofferenza esistenziale.

Ironia socratica

Una rappresentazione del filosofo greco Socrate

L'ironia socratica consiste storicamente nella pretesa del filosofo Socrate di mostrarsi ignorante in merito a ogni questione da affrontare, ciò che costringe l'interlocutore a giustificare fin nei minimi dettagli la propria posizione (il che lo conduce sovente a rilevarne l'infondatezza e il carattere di mera opinione). Ciò coerentemente con la maieutica, cioè il metodo socratico, che conduce l'interlocutore a trovare da solo le risposte alle proprie domande piuttosto che affidarsi a un'autorità intellettuale in grado di offrire risposte preconfezionate.

La parola greca eironeía si riferisce appunto a una tale dissimulazione, che Socrate eleva a metodo dialettico. Essa implica l'assunzione di una posizione scettica, un atteggiamento di rifiuto del dogma e di ogni convinzione che non basi la sua validità sulla ragione.

Influenza culturale

Nel romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco viene affrontato il tema dell'ironia definendola "figura di pensiero" che "si deve sempre usare facendola precedere dalla pronunciatio, che ne costituisce il segnale e la giustificazione".


Fonte Wikipedia