Gli Appennini corrono per tutta la loro lunghezza in territorio italiano, con l'eccezione del Monte Titano, appartenente alla Repubblica di San Marino. Lo spartiacque della catena appenninica divide la superficie della Penisola in due versanti: ligure-tirrenico e adriatico-ionico, differenti tra loro sotto molti aspetti. La differenza più appariscente è data dall'asimmetria dei due pendii: la catena infatti segue una linea curva, convessa verso l'Adriatico e concava verso il Tirreno; nel versante ligure-tirrenico la catena principale appenninica arriva a lambire la costa in Liguria, mentre è bordata dai rilievi dell'Antiappennino tirrenico in Toscana, Lazio e Campania; in Cilento, in Basilicata e in Calabria la catena principale tocca nuovamente il mare. Nel versante adriatico gli Appennini digradano nella Pianura Padana in Emilia-Romagna, toccano il mare nelle Marche, in Abruzzo e nel Molise, mentre in Puglia l'Antiappennino adriatico si interpone tra la catena appenninica principale e il mare.
giovedì 5 dicembre 2024
lunedì 2 dicembre 2024
Specchia
Il Comune di Specchia, che si estende per 24,74 km², è situato nell'entroterra del basso Salento a metà strada tra il mare Ionio e il mare Adriatico. L'abitato sorge a 131 metri sul livello del mare, su una piccola altura ai piedi della Serra Magnone quasi completamente coltivata ad ulivi ed organizzata in terrazzamenti su muretti a secco di contenimento. Il territorio del Comune risulta compreso tra i 97 e i 189 metri s.l.m. ed è caratterizzato dalle tipiche costruzioni rurali delle pajare. Il Comune comprende anche la località di Cardigliano, un villaggio agricolo costruito in epoca fascista (1930) per la lavorazione del tabacco.
Confina a nord con il comune di Miggiano, a est con il comune di Tricase, a sud con i comuni di Alessano e Presicce-Acquarica, a ovest con il comune di Ruffano.
domenica 1 dicembre 2024
Frantoio di un tempo
Oleificio
Il vecchio oleificio tradizionale era una costruzione generalmente sviluppata su tre livelli al fine di sfruttare la forza di gravità come motore della movimentazione del prodotto nel corso della lavorazione. I locali che componevano l'oleificio erano i seguenti:
Olivaio. Era adibito al ricevimento della materia prima e alla sosta prima della lavorazione. In genere era dislocato in un livello superiore rispetto al frantoio in modo da consentire il carico della molazza facendo cadere le olive dall'alto.
Frantoio. Era il locale in cui si svolgevano le fasi fondamentali del processo (molitura ed estrazione): in esso si ubicavano la molazza e la pressa. La prima richiedeva una considerevole superficie in quanto era azionata dal moto circolare di animale (l'asino o il cavallo). La pressa consisteva in una piattaforma mobile in modo che la pila dei fiscoli venisse compressa spingendola dal basso contro una trave del soffitto.
Oliario. Era il locale in cui si stoccava l'olio per la chiarificazione (ottenuta per sedimentazione delle morchie) e per la conservazione. In genere era ubicato in un locale interrato o seminterrato.
Inferno. Era un locale separato, generalmente dislocato nel livello inferiore, in cui si ubicavano le vasche di stoccaggio dell'acqua di vegetazione, da cui era possibile recuperare, per decantazione, una frazione di olio di cattiva qualità.
Sansario. Era un altro locale in cui stoccavano le sanse in attesa di conferirle al sansificio.
L'oleificio era ubicato in genere all'interno dei centri abitati poiché lo smaltimento dell'acqua di vegetazione avveniva mediante riversamento nella rete fognaria urbana.
Nella terminologia comune, con il termine frantoio si identificava l'intero oleificio e il proprietario e gestore era detto frantoiano.
[...]
Un ipogeo è una costruzione sotterranea naturale di interesse storico e antropologico, realizzata interamente dall'uomo o come riadattamento di cavità naturali.
Fonte Wikipedia
sabato 30 novembre 2024
L'Agricoltore
L'agricoltore è, secondo le fonti storiche e i dati archeologici, uno dei primi mestieri e comunque una delle principali attività che hanno condotto e hanno seguito la cosiddetta rivoluzione neolitica, che da circa dodicimila anni in varie parti del mondo abitato consiste nell'appropriarsi il ciclo vitale di vegetali (e di animali) al fine di trarne vari vantaggi, a cominciare dall'alimentazione. Questa attività è stata quella che ha reso l'uomo stanziale in un luogo delimitato. Il mestiere consiste quindi nel fornire il cibo a sé e ad altre persone in cambio di un ritorno economico.
Questo modo di vivere è stata la principale occupazione della maggioranza degli umani dalla rivoluzione del neolitico fino al XX secolo. Il termine contadino si applica usualmente ad una persona che fa crescere i raccolti nei campi o possiede frutteti, vigne od orti con la prospettiva di venderne il ricavato ad altri come prodotto della terra. Potrebbe, inoltre, rifornire di materie prime le industrie, come cereali per bevande alcoliche, frutta per succhi o lino per tessiture. I contadini possono anche essere coinvolti nelle attività di allevamento del bestiame per ottenere latte o carne. Spesso, una piccola quantità di raccolto o prodotti è venduta per denaro con il quale il contadino può comprare qualcosa d'altro al mercato.
Durante l'antichità, ampia è stata la letteratura dedicata alla figura dell'agricoltore proprietario, da Esiodo a Virgilio. Nel periodo degli imperi, sia nel Mediterraneo sia in Medioriente si diffuse il latifondismo e lo squilibrio tra contadini liberi e schiavi aumentò sempre più.
Il cristianesimo, in linea con i suoi dogmi e la sua morale, si oppose al tradizionale diritto di proprietà dell'uomo sull'uomo, ottenendo il riconoscimento della dignità umana anche per i lavoratori in schiavitù, pur consentendo il permanere di un vincolo sociale ed economico che obbligava il contadino a lavorare sui campi nel cosiddetto fondo.
Se il periodo medioevale si caratterizzò così per la servitù della gleba, intorno al XII secolo la categoria degli agricoltori subì forti innovazioni che portarono alla ribalta gruppi di privilegiati, le cosiddette élite rurali, contemporaneamente ad una rivalutazione del lavoro manuale sui campi, promossa soprattutto dai benedettini.
Dal XIV secolo al XVI secolo, in alcuni Paesi europei, come l'Inghilterra, la Francia e la Germania, esplosero moti di ribellione condotti dagli agricoltori vessati da cattive condizioni economiche e da trascuratezze da parte della classe dirigente. Si ricorda, in particolar modo, la guerra dei contadini tedeschi iniziata sul territorio tedesco dopo la rivoluzione luterana e terminata con una sanguinosa repressione intorno al 1525.
Se il secolo dei lumi vide l'introduzione di alcune riforme attuate da regnanti illuminati che consentirono un certo miglioramento economico, seppur limitato solo ad alcune figure agricole, solo dopo la Rivoluzione francese si conclusero, in Occidente, la pagina di storia della servitù della gleba e la diversificazione dei diritti tra gli abitanti rurali e quelli cittadini.
[...]
Fonte Wikipedia
sabato 21 settembre 2024
Scéblasti
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La scéblasti è il caratteristico pane condito di Zollino che assomiglia, ma si discosta totalmente da altri pani conditi all'apparenza simili in tutto il Salento. Nella lingua tipica della zona, il grico, significa "senza forma". È cotta sulla pietra nei caratteristici forni a legna e, secondo la tradizione, era il primo pane ad essere sfornato, di solito all'alba. Rappresentava un momento collettivo di gioia e di buon augurio per i contadini.
La scéblasti nasce da un impasto di: farina, acqua, zucca gialla, olive, cipolla, zucchine, olio, peperoncino, sale e capperi.
Il 2 e 3 agosto di ogni anno la pro loco di Zollino organizza Scéblasti, che si svolge lungo un suggestivo percorso che attraversa antiche strade e piazze del centro storico del paese tra antiche case a corte, all'interno delle quali si possono gustare le tradizionali specialità della cucina salentina.
Fonte Wikipedia
sabato 7 settembre 2024
Cisterna
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La cisterna (dal latino cista, scatola, ma anche dal greco kistê, contenitore) è un contenitore per i liquidi, ideato prima di tutto per raccogliere l'acqua, ma il cui uso si è successivamente esteso anche ad altri fluidi, per scopi alimentari o tecnologici.
Storia
Sin dai tempi più remoti le cisterne hanno ricoperto un ruolo essenziale per la sopravvivenza delle popolazioni, specialmente in regioni prive di corsi d'acqua o invasi naturali perenni che assicurassero agli abitanti la disponibilità costante di questo bene fondamentale per la vita umana.
Esse sono state costruite allo scopo di intercettare e raccogliere le acque piovane per costituire una riserva cui attingere durante l'anno, oppure, nel caso di cisterne localizzate nei pressi di masserie o di frantoi, per il tempo necessario allo svolgimento delle attività produttive. Poiché gli apporti di acque meteoriche non sono costanti da un anno all'altro, le cisterne assumevano anche la funzione di volano accumulando al loro interno le eccedenze di un anno particolarmente piovoso che andavano a costituire riserva da tenere in serbo (da cui il nome di serbatoi dato a cisterne di medio-piccola capacità) per gli anni più siccitosi, in maniera tale da assicurare una fornitura il più possibile costante nel tempo.
La loro capacità varia da poche decine di litri a migliaia di metri cubi d'acqua.
Modalità costruttive delle cisterne ad uso potabile
Le cisterne più antiche, in suoli permeabili quali, ad esempio, quelli calcarenitici, sono costruite a partire da uno scavo nel terreno a forma di bulbo o ampolla, con una piccola apertura alla sommità (allo scopo di limitare il più possibile le inevitabili perdite per evaporazione), tale, però, da consentirne l'accesso per le operazioni di intonacatura, disinfezione e pulizia, ed un allargamento graduale nella parte inferiore per consentire di accumulare il maggior volume utile.
La roccia o il terreno (in presenza, in quest'ultimo caso, di suoli argillosi-sabbiosi) delimitanti i volumi racchiusi da una cisterna devono, quindi, essere resi impermeabili attraverso appositi intonaci idraulici a matrice pozzolanica o calcarea (a seconda della disponibilità fornita dalla natura dei suoli circostanti), al fine di trattenere l'acqua che altrimenti si disperderebbe nel terreno circostante.
Uso delle cisterne
Le cisterne sono, per definizione, nate per accumulare e conservare nel tempo beni, in genere alimentari, che altrimenti si deteriorerebbero o si disperderebbero inutilmente sul suolo, come l'acqua piovana. Come si evince da quanto detto in precedenza, l'uso potabile è stato, di gran lunga, il principale scopo della creazione delle cisterne, ma non l'unico. L'acqua veniva accumulata nelle cisterne per essere usata per molteplici scopi, dalla cucina, all'irrigazione, alle operazioni di lavaggio e pulizia domestica in genere, ma, oltre al liquido vitale, le cisterne erano adatte anche a contenere e immagazzinare anche altre derrate alimentari, sia liquide (olio, vino) che solide (grano e cereali in genere, legumi e comunque tutti quei beni che fossero utili, se non necessari per la sopravvivenza di una comunità o del singolo nucleo familiare). Ovviamente le cisterne per le derrate alimentari solide erano di dimensioni molto minori rispetto a quelle necessarie per l'acqua.
Col passare dei secoli, le cisterne si sono evolute ed adattate alle più diverse utilizzazioni, adeguandovisi sia in termini di dimensioni e di materiali usati per realizzarle, sia in termini di sostanze in esse contenute. Soprattutto, con l'avvento della civiltà del petrolio e dell'industria chimica, con la necessità del trasporto dei combustibili e dei prodotti chimici, si sono diffuse le cisterne mobili, su ruote (auto-cisterne) o su rotaie (per il trasporto su ferrovia) oppure galleggianti sulle acque dei mari o fiumi navigabili e degli oceani del mondo quelle ricavate nelle stive delle cosiddette navi-cisterna. Il materiale utilizzato in questi casi è generalmente lamierino di acciaio di spessore opportunamente dimensionato. In taluni casi si tende ad utilizzare anche resine sintetiche o vetroresina, che però, rispetto all'acciaio, accanto a proprietà positive, presentano alcune caratteristiche peggiorative, quale, ad esempio, la maggiore fragilità in caso di urto.
Fonte Wikipedia
lunedì 12 agosto 2024
Conza della Campania
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Conza della Campania (IPA: ['kondza 'della kam'pania], Cònze in campano) è un comune italiano di 1.256 abitanti in provincia di Avellino in Campania.
Chiamata semplicemente Conza fino al 1860, è stata un'importante città degli Irpini benché, secondo recenti studi, è possibile che l'abitato originario sannitico fosse posto alla località Monte Oppido (a sud di Lioni) e solo successivamente trasferito nell'area di Conza a seguito della conquista romana.
Geografia fisica
Territorio
Conza si trova nella valle del fiume Ofanto, a metà strada tra Lioni e Calitri, lungo la strada a scorrimento veloce (detta "Ofantina", parzialmente sull'Appia e poi sulla SS 401) che collega Avellino con Melfi e Barletta. È collegata stradalmente con la sella di Conza, che segna l'ingresso nella provincia di Salerno.
A seguito del terremoto del 1980 l'abitato storico, in collina e nei pressi dell'antica Compsa, rimase disabitato; esso resta in fase di ristrutturazione per fini storico-turistici. L'abitato provvisorio, composto da prefabbricati, sorse lungo la sponda meridionale del lago nei pressi della zona industriale; esso è oramai disabitato e parzialmente in dismissione. Il nuovo insediamento conzano, sorto alcuni anni dopo il sisma, si trova ai piedi della collina sulla quale sorge l'abitato storico.
Lago di Conza
Il lago di Conza è un invaso artificiale creato negli anni settanta del XX secolo costituente una diga sul fiume Ofanto. La diga di Conza è in esercizio sperimentale dal 1992, sottende un bacino imbrifero di 252 km² e determina un invaso di 63,00 x 106 m³ di capacità utile. Il deflusso medio annuo alla sezione di sbarramento è pari a circa 99 x 106 m3. L’invaso è destinato ad uso plurimo, irriguo e, dal 2013, potabile. Per via del suo habitat naturale floristico e faunistico sorse, nel 1999, un'oasi protetta del WWF sul lato meridionale del lago, lungo la strada Ofantina ed a metà strada fra la piccola zona industriale e l'insediamento di prefabbricati installati post terremoto dell'ottanta.
Origini del nome
Il toponimo Conza, attestato fin dal Settecento, deriva da una forma seicentesca Consa che, a sua volta, trae origine dal latino Compsa. In passato si riteneva però che tale ultima denominazione ammettesse una forma sincopata Cosa, tanto che nel 1836 il numismatico emiliano Celestino Cavedoni scriveva "Cosa di Campania o degli Irpini" e nel 1843 l'archeologo napoletano Achille Gennarelli similmente la definiva "Cosa della Campania o degli irpini nel Sannio", specificando però che "la Cosa della Campania, o del Sannio, fu per lo più chiamata Compsa"; tale ipotesi è stata successivamente abbandonata, poiché l'archeologia contemporanea ritiene più plausibile che Cosa fosse una città diversa situata altrove.
È opportuno rammentare che fin dal 1818 all'arcivescovo di Conza spettava il titolo di Archiepiscopus Compsanus Campaniensis administrator perpetuus, tuttavia il termine Campaniensis non era riferito alla Campania, bensì alla diocesi di Campagna che era stata posta sotto l'amministrazione perpetua della stessa arcidiocesi di Conza. Viceversa, gli autori di epoca romana non attribuirono mai l'antica Compsa ai Campani, ma piuttosto agli Hirpini o, più tardivamente, ai Lucani o agli Apuli.
Storia
Il territorio è stato abitato da popolazioni appartenenti alla cosiddetta cultura di Oliveto-Cairano. Influente centro irpino, romano e longobardo, sede vescovile prima, e arcivescovile in seguito, a causa di frequenti terremoti, col tempo perse la sua importanza a favore di Sant'Angelo dei Lombardi e Teora.
Dal 1811 al 1860 ha fatto parte del circondario di Teora, appartenente al distretto di Sant'Angelo de' Lombardi del regno delle Due Sicilie.
Dal 1860 al 1927, durante il regno d'Italia ha fatto parte del mandamento di Teora, appartenente al circondario di Sant'Angelo de' Lombardi.
Terremoto dell'Irpinia del 1980
Completamente rasa al suolo dal terremoto del 23 novembre 1980, al cui epicentro era il paese più vicino, Conza è stata interamente ricostruita in altro sito. Dalle macerie della vecchia città sono emerse le rovine dell'insediamento di epoca romana, oggi facenti parte dell'area archeologica di Compsa.
Onorificenze
Medaglia d'oro al merito civile
«In occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità, spirito di sacrificio ed impegno civile, affrontava la difficile opera di ricostruzione del proprio tessuto abitativo, nonché della rinascita del proprio futuro sociale, economico e produttivo. Mirabile esempio di valore civico ed altissimo senso di abnegazione.»
— 23 novembre 1980.
Monumenti e luoghi d'interesse
Città vecchia
Area archeologica di Compsa.
Foro romano
Anfiteatro
Antica Cattedrale Metropolitana di Santa Maria Assunta, sorta sui resti di una basilica di età romana, della quale aveva mantenuto l'impianto planimetrico a tre navate. La chiesa, accolse le sepolture dei conti di casa Gesualdo, che costruirono all'estremità della navata destra la loro cappella gentilizia, con l'altare privilegiato intitolato a Santa Maria delle Grazie. Nella cattedrale il terremoto del 1694 lasciò in piedi solo il coro, l'altare maggiore con il sepolcro di Sant'Erberto, arcivescovo e protettore della città, e alcune cappelle. La Cattedrale fu ricostruita a spese dell'arcivescovo Gaetano Caracciolo (1682-1709) e, dopo il terremoto del 1732 fu rifatta per volere di monsignor Giuseppe Nicolaj (1731-1758). La cattedrale fu completamente distrutta dal devastante terremoto del 1980.
Oasi WWF del lago di Conza
Particolare dell'area archeologica di Compsa.
Città nuova
A seguito del sisma del 1980 l'architetto Valter Bordini con Fiamma Dinelli ha redatto il piano particolareggiato del nuovo insediamento e nel 1993 ha progettato la nuova piazza centrale e il centro commerciale. L'intervento unitario è costituito dai portici, dalla sala polifunzionale del mercato e dalla sistemazione della piazza.
La Rinascita. Scultura dell'artista Giuseppe Rubicco, realizzata in Piazza Sandro Pertini, in occasione del 25º anniversario del terremoto. Il monumento è costituito da una Sfera in pietra spaccata dalla forza dell'uomo e di una donna che, fragili (vetro) riescono a riemergere e rinascere.
Sulle aree a verde del nuovo paese sono disseminate opere scultoree metalliche dell'Arch. Riccardo Dalisi che ha inoltre realizzato il monumento al serbatoio idrico sito sulla sommità di Conza antica.
La Famiglia, monumento installato nella rotatoria sita all'incrocio tra C.so Europa e C.so XXIII Novembre 1980, che poggia su tre pilastri: madre (l'imponente figura femminile), padre e figli. L'opera è stata realizzata dallo scultore Di Rosa.
Cuore. Monumento in memoria di Sergio Rosamilia, volontario della Misericordia di Conza della Campania che ha visto compiersi il suo destino mentre svolgeva il suo dovere alla guida di un'ambulanza: la scultura è stata realizzata dallo scultore Corrado Grifa e installata presso la rotatoria di corso Francesco De Sanctis e corso XXIII Novembre 1980. L'opera è stata inaugurata il 23 marzo 2009.
[...]
Geografia antropica
La nuova Conza
Come già precedentemente accennato, a seguito del sisma del 1980 il centro storico venne completamente raso al suolo. Le autorità politiche dell'epoca decisero di non ricostruire l'abitato nello stesso sito ma di creare un insediamento con unità abitative prefabbricate, in attesa di ricostruire la nuova Conza in altro sito. La cittadina venne realizzata in località Piano delle briglie, una zona pianeggiante a circa un chilometro dal vecchio abitato. La nuova Conza è stata realizzata con criteri antisismici e strade e piazze larghe.
Frazioni
Lo statuto comunale di Conza non menziona alcuna frazione. In base al 14º Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni vi è, oltre al capoluogo, l'unica località abitata di Conza della Campania - insediamento prefabbricati, 16 abitanti, 440 m s.l.m..
Infrastrutture e trasporti
Strade
Strada provinciale ex Strada statale 91
Strada provinciale ex Strada statale 7 e Strada statale 7 dir/c
Strada provinciale 44: dal bivio sulla strada statale 91 al vecchio abitato di Conza della Campania.
Ferrovie
Il comune è servito dalla stazione di Conza-Andretta-Cairano, attiva per soli treni storici e/o turistici, sulla ferrovia Avellino-Rocchetta Sant'Antonio. Era inoltre presente la stazione di Sanzano-Occhino, a servizio delle omonime località.
Mobilità urbana
Il comune è collegato ai centri limitrofi da autolinee private.
Economia
L'economia di Conza della Campania è caratterizzata da un numero importante di aziende agricole, attive nella produzione di grano, mais, prodotti caseari, salumi e miele. Notevole è la presenza di capi di bestiame da allevamento per il latte e per la carne. Il comune di Conza della Campania ha inoltre un Pip (Piano di insediamento produttivo) dove operano circa 30 aziende nei settori più diversi (trasporti, agroalimentare, meccanico, servizi) e una Zona Industriale dove insistono da anni 3 aziende principali che garantiscono occupazione a circa 300 persone (Condor, Awelco e Polieco), difatti la Zona industriale è satura. Questo consente al comune di Conza della Campania di avere la piena occupazione.
Fonte Wikipedia
domenica 11 agosto 2024
Aiuola in Largo Caldarola
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Che splendore l’aiuola di Largo Caldarola grazie ad Antonio e Giovanni, 93 anni
Il primo è proprietario col figlio di un esercizio commerciale nelle vicinanze, il secondo è un distinto signore che sfida il tempo che scorre
Nessuno può dimenticare quanto fosse triste e spoglia la grande aiuola di Largo Caldarola, con alberelli smilzi e malcerti. Da qualche giorno, però, quell’immagine mesta è solo un brutto ricordo. Perché quel triangolo di terreno è divenuto ridente, bello, quasi lussureggiante. Piante verdissime e roselline rosse lo adornano ovunque. Ma a chi si deve questa splendida metamorfosi? A due persone soprattutto: ad Antonio Mattia, proprietario di un esercizio commerciale nelle vicinanze e di Giovanni Putignani, un omino elegante e distinto di 93 anni. Per solito, arriva col suo bastone antico di primo mattino e si mette di buzzo buono a lavorare la terra. E, nel contempo, a sconfiggere la minaccia del tempo che scorre. Quasi un secolo di vita e infinita cura per la natura. Amassimo tutti la città come loro due, Bitonto sarebbe un posto migliore…
Fonte da Bitonto L. Maggio 8 settembre 2022
sabato 10 agosto 2024
Monti della daunia
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I monti della Daunia ('a Mundagnë nei vari dialetti locali) costituiscono una modesta catena montuosa situata lungo l'orlo orientale dell'Appennino campano, in posizione dominante rispetto al Tavoliere delle Puglie. Occupano principalmente il settore occidentale della provincia di Foggia in Puglia, ma ne fanno parte anche la propaggine sud-orientale della provincia di Campobasso in Molise nonché i margini nord-orientali delle province di Benevento e di Avellino in Campania.
In virtù del basso grado di antropizzazione l'area è principalmente nota per le sue valenze naturalistiche e per la sua rilevanza nella salvaguardia della biodiversità; in particolare, con riferimento alla tutela degli uccelli selvatici, è istituita un'Important Bird and Biodiversity Area (comprendente alcuni territori delle suddette regioni Puglia, Molise e Campania) denominata IBA-126 "Monti della Daunia"
Essi traggono il loro nome dal distretto storico-geografico della Daunia che, a sua volta, era così denominato in quanto vi risiedeva l'antico popolo dei Dauni. Tale denominazione non è però del tutto precisa, poiché in epoca pre-romana il territorio dei Monti della Daunia non era popolato dai Dauni (che comunque occupavano la fascia pedemontana), bensì dai Sanniti e dagli Irpini che vi edificarono una serie di oppida (villaggi fortificati), il più importante dei quali era Vescellium.
Nell'ambito della provincia di Foggia, entro cui è compresa la stragrande maggioranza del territorio, i Monti della Daunia sono meglio noti come Monti dauni o, talvolta, come Subappennino dauno, benché a rigore tale ultima denominazione dovrebbe essere riferita all'area propriamente subappenninica, ossia alla fascia collinare di transizione tra la catena montuosa degli Appennini (di cui i Monti della Daunia propriamente detti costituiscono parte integrante) e la sottostante pianura del Tavoliere.
Nelle pubblicazioni scientifiche i Monti della Daunia sono più propriamente denominati Appennino dauno o talora Appennino di Capitanata, in quest'ultimo caso con riferimento all'antica provincia di Capitanata che pure includeva gran parte del territorio; tali denominazioni ricalcano fedelmente una base dialettale alternativa ('u Appënninë). In effetti i Monti della Daunia, pur costituendo una sezione periferica dell'Appennino meridionale, sono attraversati in alcuni tratti dalla linea spartiacque, tanto che da essi sgorgano due fiumi o torrenti (il Miscano e la Fiumarella) afferenti al versante tirrenico della penisola italiana.
Il rilievo costituito dai monti della Daunia si sviluppa a guisa di dorsale irregolare estesa linearmente in senso nord-sud, con altitudini collinari o di bassa montagna, delimitato a nord dalla valle del Fortore, a est dal Tavoliere delle Puglie, a sud dalla valle dell'Ofanto e a ovest dall'altipiano irpino lungo cui corre la linea spartiacque appenninica. La struttura geologica, piuttosto complessa, vede una netta prevalenza di rocce sedimentarie di tipo argilloso intercalate con arenarie o, più di rado, conglomerati; la composizione chimica delle rocce è però assai variabile mentre la coerenza è mediamente scarsa, divenendo più consistente soltanto nei gruppi montuosi più elevati tra i quali si evidenzia la successione del flysch di Faeto, composto da un'alternanza di calcareniti, calcari marnosi, brecciole calcaree, marne e marne argillose, con rari noduli e lenti di selce
Nel complesso il paesaggio assume forme dolci e tondeggianti con una netta predominanza di colture cerealicole; nelle aree propriamente montane prevalgono però i boschi e i pascoli mentre molte valli sono scoscese e incassate, caratterizzate non di rado da fenomeni di dissesto idrogeologico: tra le depressioni più rilevanti si citano la Valmaggiore (la più elevata in altitudine, a netta vocazione silvo-pastorale) e l'impervia Valle del Cervaro, caratterizzata dalla presenza di vaste aree boschive ma anche da un imponente smottamento, la frana di Montaguto.
Tra i principali fiumi si rammentano il Fortore, il Cervaro e l'Ofanto, tutti caratterizzati dalla portata irregolare e dal corso tortuoso. Pochi i laghi naturali: si citano il lago Pescara (situato a 902 m s.l.m., esteso su 3 ettari e profondo 6 m) alle falde del monte Cornacchia, e il piccolo lago Luza Aqua Fets in territorio di Greci (esteso su 3.500 m² a 740 m s.l.m.) lungo il versante campano dei monti Dauni. Tra i laghi artificiali, anch'essi poco numerosi, spicca il grande lago di Occhito, esteso su 13 km² alla confluenza del torrente Cigno nel fiume Fortore, al confine tra Molise e Puglia.
Il clima mostra caratteri piuttosto continentali a causa delle barriere montuose (l'Appennino meridionale e il Gargano) che ostacolano gli afflussi marittimi; inoltre, per effetto dell'altitudine, le temperature si portano ovunque su livelli piuttosto bassi d'inverno con frequenti gelate, mentre le estati si mantengono abbastanza miti nelle aree propriamente montane. Le precipitazioni, mediamente modeste ma assai irregolari, mostrano una certa tendenza a concentrarsi nel semestre autunno-inverno con fenomeni talora abbondanti anche a carattere nevoso.
[...]
Fonte Wikipedia
venerdì 2 agosto 2024
San Tommaso
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“Perché tutto ciò che ho scritto è come paglia per me”
un Apoftegma di S. Tommaso: Con questo nome chiamarono i Greci un detto breve e sentenzioso
Santi nascosti
Era il 6 Dicembre 1273, Tommaso d’Aquino, uno dei più grandi teologi e filosofi della storia, stava vivendo la celebrazione dell’Eucarestia, ad un dato punto avvenne qualcosa di straordinario – stando al racconto di Bartolomeo da Capua, un qualcosa, un evento che lo turbò in profondità e provocò in lui un radicale cambiamento, un qualcosa che cambio il tutto.
Tommaso, grande scrittore, grande commentatore di Aristotele, con alle sue spalle una produzione letteraria sterminata – dal quel giorno – non scrisse né detto più nulla.
Il suo segretario Reginaldo da Piperno, mentre lo esortava, nonostante l’età, a riprendere il lavoro anche se con maggiore lentezza si sentì rispondere così dal maestro Tommaso:
“Reginaldo, non posso, perché tutto ciò che ho scritto è come paglia per me. […], è come paglia in confronto a ciò che mi è stato rivelato […]. L’unica cosa che ora desidero è che Dio dopo aver posto fine alla mia opera di scrittore possa presto porre termine anche alla mia vita”
Tommaso probabilmente ebbe una visione mistica e la forza di tale contemplazione lo fece rendere consapevole della Bellezza ineffabile di Dio tanto da considerare secondario o “spazzatura” come direbbe Paolo, tutto ciò che prima aveva tentato di balbettare su Dio.
Di lì a poco il desiderio dell’Aquinate fu esaudito, il 7 Marzo 1274 tornò alla Casa del Padre.
Fonte Le grain de blè
domenica 28 luglio 2024
La Storia della polveriera "Ioiò"
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Quando nel 1951 esplose un grosso ordigno a Santo Spirito: è la storia della polveriera "Ioio"
martedì 28 novembre 2023
di Francesco Sblendorio
Quando nel 1951 esplose un grosso ordigno a Santo Spirito: è la storia della polveriera "Ioio" BARI – Gli anziani di Santo Spirito lo ricordano con lo stesso nome di un popolare giocattolo per bambini, ma questo luogo rimanda a una delle pagine più nere della storia del quartiere a nord di Bari. Parliamo della Stacchini, meglio nota come "Ioio": la polveriera che il 26 luglio 1951 fu teatro dell'esplosione di un grosso ordigno bellico che provocò tre morti e diversi feriti. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un episodio che ha segnato la memoria di intere generazioni di santospiritesi e che abbiamo ricostruito con l’aiuto della nipote di una delle vittime, la docente e scrittrice Rosalba Fantastico di Kastron, che ci ha spiegato anche l’origine di quella denominazione così singolare, divenuta da quel giorno drammaticamente sinistra. (Vedi foto galleria)
Lasciandoci alle spalle l’ex frazione, superiamo il passaggio a livello in fondo a corso Umberto e imbocchiamo la SP91 in direzione Bitonto. Dopo un paio di chilometri notiamo sulla destra una stradina che si inoltra nelle campagne, conducendoci davanti a una proprietà il cui ingresso è segnato da due colonne. Un viale ci porta quindi in un piazzale, sul quale si trova un vecchio edificio dal tetto spiovente: è l’ex Polverificio Stacchini. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Del luogo dove si consumò la tragedia non è rimasto che un rudere. La stretta porticina sembra chiusa da tempo immemorabile e a sinistra un capannone del tutto analogo nasconde qualche attrezzo agricolo. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La polveriera era la succursale di uno stabilimento con sede a Firenze, il quale faceva parte a sua volta della riminese Società Adriatica Recuperi, che durante la Seconda Guerra Mondiale produceva armamenti e disinnescava ordigni inesplosi. Dopo la fine delle ostilità, proseguì proprio quest’ultimo ramo dell’attività. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fra coloro che vi lavoravano, c’erano anche giovani reduci del conflitto. Come Antonio Fantastico, classe 1917, originario di Salice Salentino (Lecce), da poco rientrato in Italia dopo 10 lunghi anni trascorsi da soldato in Africa. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Prima del servizio militare faceva l’orafo - ci racconta sua nipote Rosalba -, ma dopo la guerra, con la penuria di oro a disposizione, fu impossibile per lui riprendere tale professione. Così frequentò un corso per diventare artificiere e trovò lavoro nella Stacchini. Nel frattempo si era sposato e stava ristrutturando una casa a Palo del Colle, paese di origine della moglie che, a metà del 1951, era in attesa di un figlio. Pertanto, temporaneamente i due stavano vivendo a Santo Spirito, in corso Garibaldi». Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Già il primo giorno di lavoro, Antonio notò però che in quei capannoni c’era qualcosa che non andava. «Tornato a casa confidò a suo fratello, ossia a mio padre: “devo confessarti che sento la morte dietro il collo” - rivela Rosalba -. Aveva visto che il disinnesco degli ordigni non veniva effettuato in appositi locali chiusi e blindati, bensì all’aperto, senza alcuna protezione». Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il giorno dopo, il 26 luglio 1951, su Santo Spirito si stava abbattendo un forte temporale. A un certo punto, verso l’ora di pranzo, avvenne uno scoppio. La popolazione del borgo marinaro pensò a un fulmine caduto poco lontano, ma presto la realtà si rivelò ben diversa. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Poco prima, fuori dai capannoni in pietra del polverificio, operai, dirigenti e artificieri si erano confrontati attorno a una bomba da otto quintali. «Mio zio vide delle scintille e ritenne dovesse essere ancora disinnescata – dice la Fantastico -. Altri però non erano convinti e ripeterono i controlli. Pare addirittura che uno vi si sedette sopra a cavalcioni. Pochi secondi e l’ordigno esplose facendo una strage». Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci fu nulla da fare per il 33enne Antonio né per i suoi colleghi Cosimo Masella (22enne di Grottaglie) e Vito Lanotte (44enne di Bari). Altre tre persone rimasero ferite e il resto del personale fuggì nelle campagne temendo nuovi scoppi. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In pochi minuti la notizia giunse a Santo Spirito. «La moglie di Antonio saputo della morte del marito svenne e cadde dalle scale - rivela Rosalba -. Nonostante questo, riuscì a portare a termine la gravidanza, ma il bambino nacque con un soffio al cuore. I medici dissero che avrebbero potuto operarlo solo se avesse superato il sesto mese di vita, ma il piccolo non ce la fece». Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ulteriore tragedia in una tragedia che vide i parenti delle vittime faticare non poco nel riconoscimento dei loro cari, i cui corpi vennero letteralmente dilaniati. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il giorno dopo la Gazzetta del Mezzogiorno si interrogò sulle cause dell’incidente. Il proiettile d’artiglieria non era arrivato già disinnescato, contrariamente alle attese, oppure il disinnesco era avvenuto senza adottare le necessarie precauzioni?
Seguì un processo che si concluse con la concessione di un indennizzo alle famiglie degli impiegati morti: 50mila lire per Masella e Lanotte e solo 10mila lire per Fantastico. Motivo? Era stato assunto soltanto il giorno prima della tragedia. «Non fu possibile ottenere di più – sottolinea la nipote di Antonio -, nonostante mia zia si fosse rivolta a uno dei migliori avvocati sulla piazza, quel Giuseppe Papalia che qualche anno dopo, tra il 1959 e il 1960, fu anche sindaco di Bari». Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La Stacchini rimase operativa a Santo Spirito fino a metà anni 60 e dette lavoro a molti altri operai del territorio. Tuttavia la sua fama restò per sempre legata al fattaccio del luglio 1951.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Resta ora solo da capire a cosa doveva il suo particolare soprannome. Su questo si fronteggiano due ipotesi. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«“Ioio” era un modo semplificato di leggere 1010, il numero civico che identificava lo stabilimento della ditta - sostiene Angelo Roncone, memoria storica dell’ex frazione -. All’epoca gran parte della popolazione non era alfabetizzata, quindi leggeva 1010 scambiando l’1 per una “I”». Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Di parere in parte diverso è Rosalba. «Nel maggio 1944, sempre lungo la strada tra Bitonto e Santo Spirito, saltò in aria un automezzo dell’esercito britannico che trasportava munizioni - dice -. Tra le vittime, ci furono un militare inglese e una dozzina di operai bitontini della Stacchini. Pare che il mezzo dell’esercito appartenesse al battaglione n. 1010, erroneamente letto “IOIO”. Si cominciò così a dire che erano morti “gli operai della Ioio”, intendendo per sbaglio la ditta anziché la camionetta. L’azienda cominciò quindi a essere identificata con questo nomignolo che ritornò tristemente in auge dopo il terribile episodio del luglio 1951».
Fonte Barinedita 27 luglio 1951
lunedì 15 luglio 2024
Badolato
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Badolato (Badulàtu in calabrese) è un comune italiano di 2855 abitanti della provincia di Catanzaro in Calabria. Badolato è un borgo medievale situato su una collina tra due fiumare, il torrente Gallipari a nord e il torrente Ponzo a sud. Alle sue spalle a ovest, le Pre-Serre Calabresi e verso il Mare a est è nata dopo gli anni '50, la frazione marina.
Le origini di Badolato si devono a Roberto il Guiscardo (1080) il quale fece erigere un castello fortificato. Il nome Badolato deriva da Vadolato.
Nel 1269 gli Angioini concessero il feudo a Filippo il quale l'anno successivo intraprese una guerra con il conte Ruffo di Catanzaro. Gli abitanti, rinchiusi nel borgo, vennero assediati dal conte Ruffo, il quale infine riuscì a conquistare Badolato, che rimase in seguito alla sua casata fino al 1451. In seguito appartenne alla famiglia Di Francia e nel 1454 il borgo divenne baronia dei Toraldo, i quali parteciparono anche alla battaglia di Lepanto (1571) e lo amministrarono fino al 1596.
Badolato passò poi ai Ravaschieri (1596), ai Pinelli (1692) ed infine ai Pignatelli di Belmonte (1779), che lo fecero gestire in suffeudo ai Gallelli fino alla fine della feudalità (1806).
Gravemente danneggiato durante la sua storia dai terremoti (1640, 1659 e 1783), Badolato venne anche colpito in epoca più recente da un'alluvione (1951).
A dicembre 1997 il comune apre ad una politica di accoglienza verso l'immigrazione con il primo sbarco di centinaia di Curdi sulle sue coste guidati dal sindaco Gerardo Mannello.
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Fonte Wikipedia
sabato 13 luglio 2024
Cantiere
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Il cantiere (dal latino cantherius, "cavallo castrato", passato poi a significare "cavalletto di sostegno") è un'area di lavoro temporanea nella quale si svolge la costruzione di un'opera di ingegneria civile o di un fabbricato, o uno scavo archeologico. Un cantiere può essere fisso (ad esempio nella costruzione di un edificio o di una nave) o mobile (come ad esempio nella costruzione di strade, gallerie, ferrovie, ecc.).
Tipi
Si distinguono vari tipi di cantiere, ed i più noti sono:
il cantiere edilizio
il cantiere impiantistico
il cantiere navale
il cantiere aeronautico
il cantiere stradale
il cantiere archeologico
Dal punto di vista produttivo, il cantiere è un'organizzazione a punto fisso, nel quale cioè il prodotto rimane fermo e sono le attrezzature e le maestranze che si muovono, in contrapposizione a quanto accade nelle organizzazioni per processo o per prodotto.
Cantiere edilizio
È il luogo e l'insieme di impianti, attrezzature, magazzini e uffici in cui si svolgono i lavori edili appartenenti al dominio dell'ingegneria civile. I lavori edili comprendono più in generale:
opere di manutenzione, riparazione e demolizione;
opere di conservazione, risanamento e ristrutturazione;
scavi;
montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati;
realizzazione di nuovi edifici e/o delle opere civili per le nuove infrastrutture ecc.
Il cantiere edile si distingue dal cantiere speciale.
Il cantiere speciale è un cantiere che per tipologia di lavoro, per attrezzature e manodopera, richiede elevata specializzazione. Esso riguarda:
le opere di movimento della terra;
le fondazioni speciali;
le costruzioni stradali;
le gallerie;
le dighe;
prefabbricazioni per ponti e viadotti.
Particolare attenzione viene rivolta alle macchine edili per ridurne le discontinuità di utilizzazione; con percorsi interni minimi e contemporaneamente agevoli ad autocarri e macchinari.
Il notevole sviluppo dell'edilizia e la conseguente necessità di eseguire rapidamente sia i lavori sia le costruzioni progettate hanno richiesto un uso sempre più diffuso degli elementi prefabbricati.
Il D.Lgs. 81/08 (capo IV) ha introdotto una serie di novità interessanti in materia, appesantendo le responsabilità del Committente in merito alla nomina e alla verifica dell'operato del Coordinatore per la sicurezza nei cantieri in fase di progettazione e di esecuzione (culpa in eligendo e in vigilando).
Professioni richieste
Le professioni più tipiche che caratterizzano un cantiere edilizio (in ordine logico nella catena di produzione) sono:
il direttore dei lavori, rappresenta il committente e si assicura che le indicazioni del progetto vengano attuate correttamente;
il capocantiere, coordina le attività di cantiere, avvalendosi di capisquadra e di assistenti di cantiere;
il responsabile per la sicurezza (in Italia: coordinatore della sicurezza in fase di progettazione, redige il Piano di Sicurezza e Coordinamento), si occupa degli aspetti riguardanti la sicurezza e in particolare della prevenzione degli infortuni;
il carpentiere e il ferraiolo preparano le strutture dei pilastri, delle travi e dei solai;
i muratori realizzano i muri perimetrali ed i tramezzi interni;
gli impiantisti realizzano le opere idrauliche, elettriche, di lattoneria nelle varie fasi di lavorazione;
i pontisti si occupano del montaggio e smontaggio dei ponti di servizio;
gli operai specializzati per i sottofondi si dedicano alla realizzazione di manti insonorizzanti e massetti;
i trabuccanti si occupano delle finiture dei muri con intonaco;
i piastrellisti si occupano delle finiture dei pavimenti con piastrelle o palchetti, e dei muri con piastrelle;
i serramentisti montano porte e finestre;
i decoratori verniciano muri, serramenti e arredi;
i vetrai montano i vetri su porte, finestre e balconi;
i cartongessisti sono operai specializzati nell'uso del cartongesso o altre lastre e pannelli simili.
(si trascurano altre professioni considerate meno tipiche dei cantieri edili)
Cantiere impiantistico
La realizzazione di grandi impianti (energetici, chimici, petrolchimici, nucleari, ecc.) presuppone la costruzione in uno spazio limitato di sistemi impiantistici complessi, che perlopiù sono contenuti in diversi edifici e spesso comprendono componenti ingombranti e di difficile trasporto. La realizzazione richiede la presenza simultanea di un grande numero di imprese specialistiche e determina problemi complessi di coordinamento per assicurare la prevista sequenza costruttiva o l'introduzione di modifiche in corso d'opera, tali da ottimizzare il tempo e i costi di realizzazione nonostante il verificarsi di difficoltà impreviste. Il cantiere impiantistico è perciò estremamente complesso ed è normalmente caratterizzato da una sovrapposizione fra progettazione e realizzazione, tanto che i disegni finali dell'opera (gli as built) sono il risultato finale della costruzione.
Il D.Lgs. 81/08 (capo IV) ha introdotto una serie di novità interessanti in materia, appesantendo le responsabilità del Committente in merito alla nomina e alla verifica dell'operato del Coordinatore per la sicurezza nei cantieri in fase di progettazione e di esecuzione (culpa in eligendo e in vigilando).
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Fonte Wikipedia
venerdì 12 luglio 2024
Il Matrimonio degli alberi
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L’argomento fa seguito a quello che i cortesi lettori hanno potuto leggere su questo giornale, ovvero lo sposalizio del mare, a Venezia e a Cervia. Adesso raccontiamo il matrimonio degli alberi, un antico rito contadino di propiziazione degli dei, o anche delle ninfe dei boschi, viene celebrato per propiziare un buon raccolto dopo un anno di duro lavoro dei campi. Questo culto pagano nel corso dei secoli è stato comune a molte popolazioni, sia italiane che nel mondo, ed ancora oggi è vivo in alcune aree del pianeta dopo essere stato, per così dire, cristianizzato, alla stregua di molti altri culti di origine pagana. I meno giovani ricorderanno, infatti, che fino a pochi decenni fa, nel periodo post pasquale, i parroci di molti paesini del meridione d’Italia, ma credo anche altrove, accompagnati dai chierichetti e da anziane pie donne, giravano per le campagne con aspersorio e turibolo per benedire le messi. I contadini al lavoro bloccavano per qualche minuto ogni attività, chinavano il capo segnandosi e non mancavano mai di offrire al celebrante un cesto di frutta o degli ortaggi. Appunto, una cerimonia propiziatoria a tutti gli effetti, mutuata dal paganesimo, sì, ma assai cara alla gente di campagna.
Ad Accettura in provincia di Matera, i contadini aspettano che venga il rigoglioso mese di maggio per compiere i riti propiziatori in cui fanno, per così dire, sposare due alberi che hanno persino un nome proprio, o quasi: Maggio, lo sposo e Cima , la sposa. Il primo, appunto Maggio, è un cerro, scelto tra i più dritti e alti del bosco di Montepiano, mentre Cima, la leggiadra sposa, è una pianta di agrifoglio con una bella cima frondosa della foresta di Gallipoli. Questo matrimonio avviene perché, nella convinzione degli antichi contadini, i sessi avevano una notevole influenza sulla vegetazione: era un atto di fede preparatorio ad una ricca produzione dei campi. Questa festa pagana fu poi assimilata dal Cristianesimo, lo abbiamo detto, ovviamente con le dovute e opportune modifiche e con i necessari adattamenti, cioè ponendo la Madonna ed i Santi al posto degli dei pagani e istituendo per l’occasione una solennità cristiana. Ed ecco come si svolge la festa ai giorni nostri. I boscaioli, all’alba della vigilia della Pentecoste, si recano nei due rispettivi boschi, non molto lontani l’uno dall’altro, tra canti, suoni di campanacci e una massa di gente in festa, eccitata per la festa imminente. Maggio, lo sposo, già abbattuto nel giorno dell’Ascensione, viene prelevato e portato con un carro trainato dai buoi, lungo un antico tratturo. Il momento centrale della festa sia ha con l’incontro dei due “promessi sposi“ che si celebra con balli, suoni e canti, ma soprattutto con festosi banchetti, allegre risate e ricche bevute in buona compagnia, con l’accompagnamento musicale delle bande che sfilano per le strade del paese. L’indomani, mentre i boscaioli mettono in piedi lo sposo Maggio, dalla mattina fino al tramonto è un susseguirsi di processioni: dai monti scendono le statue dei santi Giovanni e Paolo “buoni per far piovere”, poi passa la processione con la Beata Vergine, tra giovinette inghirlandate con le CENTE, cioè, pesanti coroncine di fiori e di cera tra i capelli, e alla fine, verso il tramonto arriva il San Giulianicchio, chiamato così per burla, edizione minore del San Giuliano, il gran protagonista del giorno dopo. Infine, l’indomani, giorno della Pentecoste ed anche dell’atteso giorno delle nozze, avviene la cerimonia finale. A mezzogiorno in punto esce la statua di San Giuliano dalla Chiesa Madre e viene portata in processione fino al largo di San Vito dove, finalmente, si realizza il tanto atteso matrimonio tra Maggio e Cima. Il, diciamo così, contatto tra i due promessi sposi avviene tramite pioli di legno infissi tra i due tronchi e l’unione viene benedetta da San Giuliano. La festa si conclude con una chiassosissima ed allegra gara di arrampicata lungo i due tronchi, felicemente uniti in matrimonio.
Fonte: News Arte e Cultura 13.6.2015
giovedì 11 luglio 2024
Via Appia
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La via Appia era una strada romana che collegava Roma a Capua. Fu poi prolungata nei secoli successivi fino a Brundisium (Brindisi), porto tra i più importanti dell'Italia antica, da cui avevano origine le rotte commerciali per la Grecia e l'Oriente. Considerata dai Romani la regina viarum (regina delle strade), è universalmente ritenuta, in considerazione dell'epoca in cui fu realizzata (fine IV secolo a.C. - III sec. a.C.), una delle più grandi opere di ingegneria civile del mondo antico per l'enorme impatto economico, militare e culturale che essa ha avuto sulla società romana.
Larghi tratti della strada, particolarmente nel suburbio della città di Roma, sono ancora oggi conservati e percorribili nonché meta del turismo archeologico.
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Il percorso originario dell'Appia Antica, partendo da Porta Capena, vicino alle Terme di Caracalla, collegava l'Urbe a Capua (Santa Maria Capua Vetere) passando per Aricia (Ariccia), Forum Appii, Anxur (Terracina) nei pressi del fiume Ufente, Fundi (Fondi), Itri, Formiae (Formia), Minturnae (Minturno) e Sinuessa (Mondragone).
Da Capua proseguiva poi per Vicus Novanensis (Santa Maria a Vico) e, superando la stretta di Arpaia, raggiungeva, attraverso il ponte sul fiume Isclero, Caudium (Montesarchio) e di qui, costeggiando il monte Mauro, scendeva verso Apollosa e il torrente Corvo, su cui, a causa del corso tortuoso di questo, passava tre volte, utilizzando i ponti in opera pseudoisodoma di Tufara Valle, di Apollosa e Corvo, i primi due a tre arcate e l'ultimo a due. Essi furono distrutti durante la seconda guerra mondiale, e solo quello di Apollosa è stato ricostruito fedelmente.
È dubbio quale percorso seguisse l'Appia da quest'ultimo ponte fino a Benevento; rimane però accertato che essa vi entrava passando sul Ponte Leproso o Lebbroso, come indicato da tracce di pavimentazioni che conducono verso il terrapieno del tempio della Madonna delle Grazie, da cui poi proseguiva nel senso del decumano, cioè quasi nel senso dell'odierno viale San Lorenzo e del successivo corso Garibaldi, per uscire dalla città ad oriente e proseguire alla volta di Aeclanum (presso l'attuale Mirabella Eclano), come testimoniano fra l'altro sei cippi miliari conservati nel museo del Sannio.
Superata Aeclanum (nota anche come Aeculanum), la strada giungeva nella valle dell'Ufita ove, presso la località Fioccaglie di Flumeri, si rinvengono i resti di un insediamento graccano denominato probabilmente Forum Aemilii. Da tale centro abitato si dipartiva infatti una diramazione, la via Aemilia diretta ad Aequum Tuticum e probabilmente nell'Apulia adriatica.
L'Appia raggiungeva invece il mar Ionio a Tarentum (Taranto), passando per Venusia (Venosa) e Silvium (Gravina). Poi svoltava a est verso Rudiae (Grottaglie) transitando per una stazione di posta presente nella città di Uria (Oria) e, da qui, terminava a Brundisium (Brindisi, nell'allora Calabria) dopo aver toccato altri centri intermedi.
In epoca imperiale la Via Appia Traiana avrebbe poi collegato, in maniera più lineare, Benevento con Brindisi passando per Aequum Tuticum (presso Ariano Irpino), Aecae (Troia), Herdonias (Ordona), Canusium (Canosa) e Barium (Bari).
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Fonte Wikipedia
mercoledì 10 luglio 2024
Murge Tarantine
Le formazioni collinari, di rilievo anche modestissimo, citate nella voce paiono avere come unica caratteristica comune l'essere racchiusi entro i confini della provincia di Taranto.
Le Murge tarantine sono un complesso collinare della provincia di Taranto in Puglia.
Rappresentano il prosieguo dell'altipiano murgiano. I confini delle Murge tarantine non sono ben definiti, ma approssimativamente comprendono l'area delle gravine a nord-ovest del capoluogo provinciale (Laterza, Ginosa, Castellaneta etc.) che digradano fino all'arco ionico tarantino, l'area della valle d'Itria e della soglia messapica (Martina Franca, Crispiano, Montemesola, Grottaglie etc.) e, a oriente del capoluogo, l'area delle serre (Roccaforzata, Faggiano, San Giorgio Ionico, Carosino, Lizzano, Fragagnano, Avetrana etc.) al confine con la provincia di Lecce.
Nell'ambito delle Murge tarantine è possibile distinguere due macro-aree: la porzione centro-occidentale della provincia (Gravine e Valle d'Itria) si caratterizza per rilievi relativamente elevati e a volte ripidi; la zona centrale e orientale (Soglia messapica e le serre) presenta invece rilievi assai modesti, che difficilmente superano i 150 m s.l.m.
I rilievi più alti si trovano principalmente nel territorio comunale di Martina Franca: il monte Sorresso raggiunge i 524 m s.l.m., ma superano i 400 m s.l.m. anche il monte Trazzonara, il Monte Fellone, su cui sorgono la frazione omonima e quella di Specchia Tarantina.
Nella seconda macro-area, si ergono in maniera a volte improvvisa, seppur con altitudine molto modesta, le cosiddette serre: la Serra di Sant'Elia (145 m s.l.m.), nel comune di Roccaforzata, il Monte Bagnolo (alto 126 m s.l.m.) tra Manduria e Sava, il monte Santa Petronilla tra Lizzano e Sava, il Monte Santa Sofia (alto 123 m) sul quale sorge Fragagnano, il Monte dei Diavoli (117 m) e il Monte della Marina (100 m) tra Manduria ed Avetrana, il Monte Furlano (90 m) e il Monte Specchiuddo (72 m) nel territorio di Maruggio.
Maruggio (Maruggiu in salentino settentrionale) è un comune italiano di 5 228 abitanti della provincia di Taranto in Puglia.
È noto soprattutto per il suo centro storico edificato in gran parte dall'ordine dei cavalieri di Malta (che vegliarono su questa terra dal 1317 al 1819) e per la tipica produzione del vino primitivo. Il comune fa parte dei borghi più belli d'Italia. Il centro abitato si trova in un avvallamento naturale ad un'altitudine media di 26 m s.l.m., circa 40 km a est di Taranto, ai piedi delle Murge tarantine, nel Salento nord-occidentale. Comprende la frazione di Campomarino, che si affaccia sul Mar Ionio per circa 9 km.
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Si fa risalire il convento di Santa Maria delle Grazie al XVI secolo quando il commendatore di Maruggio era Mattia di Capua. Fu costruito dai frati minori osservanti che ebbero l'autorizzazione da papa Clemente VII il 6 aprile 1534, e fu ultimato nel 1575.
La struttura comprende una chiesa e un annesso chiostro. La chiesa fu costruita su un edificio sacro di epoca precedente, di cui si conservano solo resti di antichi affreschi e la forma dell'antico rosone, poi murato). Fin dall'origine era formata da un'unica navata.
In occasione di un successivo ampliamento in profondità dell'edificio, vennero edificate una cappella a destra e una cappella a sinistra, con un altare in stile barocco i cui materiali furono in seguito riutilizzati in altre parti della chiesa (leggio in pietra e sedia in pietra riservata al sacerdote). La cappella a destra ospita un semplice altare con un Crocifisso.
In seguito, in epoca barocca inoltrata, vennero edificate le altre due cappelle sulla sinistra, le quali presentano altari in stile barocco leccese.
Il chiostro si presenta come un quadriportico a 20 arcate divise da pilastrini ottagonali. 28 lunette presentano affreschi seicenteschi, alcuni dei quali riproducono scene delle vite di san Francesco d'Assisi, sant'Antonio da Padova, san Pasquale Baylon e san Bernardino da Siena. Il soffitto è con volte a crociera in carparo locale e tufo biancastro. Al centro del chiostro è presente un pozzo sormontato da colonne che sostengono una statua di Sant'Antonio con il Bambino.
Dal 1779 fu sede di noviziato e dal 1847 anche scuola di sacra eloquenza. Fino al 1866 fu sede di chiericato. Il convento venne soppresso nel 1876. In seguito fu riaperto nel 1891 con una piccola comunità e fino agli inizi del Novecento fu sede di noviziato e scuola di teologia e filosofia. In seguito divenne caserma dei carabinieri, scuola elementare e oggi è sede del municipio.
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Fonte Wikipedia
domenica 7 luglio 2024
Le città
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«"Le città invisibili" di Italo Calvino si presenta come una serie di relazioni di viaggio che Marco Polo fa a Kublai Kan imperatore dei Tartari. A questo imperatore melanconico, che ha capito che il suo sterminato potere conta ben poco perché tanto il mondo sta andando in rovina, un viaggiatore visionario racconta di città impossibili ... Quello che sta a cuore al mio Marco Polo, afferma l'Autore, è scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, ragioni che potranno valere al di là di tutte le crisi. Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d'un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell'economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi. Il mio libro, continua l'Autore, s'apre e si chiude su immagini di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici.»
Dalla Presentazione
Tutto questo si riporta ancora in quel groviglio spaventoso che è il mondo in cui viviamo ma dalla riflessione su questo mondo e sulle possibilità che abbiamo di viverci dentro e scamparne emerge una delle sentenze più belle che Calvino abbia scritto. Al termine de Le città invisibili, infatti, l'autore ci fornisce un consiglio per affrontare questo mondo tremendo e confusionario, e dice:
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Italo Calvino, Le città invisibili, Mondadori ed, 1972
venerdì 5 luglio 2024
Apprendimento
L'apprendimento, nella psicologia cognitiva, è il processo di acquisizione di nuove conoscenze, comportamenti, abilità, valori o preferenze e può riguardare la sintesi di diversi tipi di informazione. Possiedono questa capacità gli esseri umani, gli animali, le piante. L'evoluzione del comportamento nel tempo segue una curva di apprendimento.
Lo studio dell'apprendimento umano fa parte della psicologia sperimentale, della pedagogia, della psicologia cognitiva e delle scienze dell'educazione. Le istituzioni dell'educazione formale devono tener conto dei principi generali che regolano l'apprendimento nella stesura del progetto educativo.
Numerose sono le agenzie sociali che producono apprendimento informale. Possono essere appresi sia comportamenti adattativi che disadattivi.
Generalità
L'apprendimento è un processo cognitivo automatico della acquisizione di informazioni che deriva da una nuova esperienza o dalla pratica di nuovi comportamenti, ovvero una modificazione di un comportamento complesso, abbastanza stabile nel tempo, derivante dalle esperienze di vita e/o dalle attività del soggetto. Esso è dunque un processo "esperienziale": le nostre esperienze, compresa l'attuazione di nuove attività, possono infatti influenzare significativamente le nostre connessioni neuronali e quindi le nostre strutture cerebrali.
Dal punto di vista psicologico, l'apprendimento è dunque una funzione dell'adattamento di un soggetto risultante dall'esperienza di un problema o contesto nuovo (o cambiamenti nel contesto), ovvero un processo attivo di acquisizione di comportamenti stabili in funzione dell'adattamento ai cambiamenti nell'ambiente (o contesto), che costituiscono, per il soggetto, problemi da risolvere. In sostanza, apprendere vuol dire acquisire nuove modalità di agire o reagire per adattarsi ai cambiamenti dei contesti ambientali, compresi i contesti relazionali. Se i comportamenti modificati dall'esperienza sono relativamente semplici, si parla di condizionamento, fenomeno dovuto all'esposizione a nuovi stimoli interni o esterni.
È possibile caratterizzare nell'apprendimento due distinti aspetti: - l'apprendimento come legato ad un cambiamento nella configurazione di stimoli (o presentarsi di nuovi problemi). - l'apprendimento come legato all'esperienza di un'esposizione continuativa alla stessa configurazione di stimoli. Da queste caratteristiche del processo risultano anche le definizioni operative che consentono di misurare l'apprendimento stesso.
È possibile distinguere l'apprendimento dalla maturazione (che non dipende dall'esposizione ad alcuni stimoli esterni, ma dallo sviluppo delle strutture biologiche dell'individuo e della specie). Con l'esposizione a contesti diversi, l'apprendimento tende ad aumentare le competenze e i repertori comportamentali degli individui, ampliando la gamma di problemi che possono affrontare e gestire. La maturazione tende a far emergere caratteristiche comuni in individui ben adattati della stessa comunità. Cambiamenti del potenziale comportamentale a breve termine, come ad esempio la stanchezza o transitorie influenze ormonali, non costituiscono "apprendimento". Alcuni cambiamenti a lungo termine, viceversa, non dipendono dall'apprendimento ma dall'avanzare dell'età (maturazione o invecchiamento). Lo sviluppo personale, quindi, risulta un intreccio di apprendimento e maturazione.
La "maturazione" invece è descritta da Lev Semënovic Vygotskij come strutturazione della base culturale dell'individuo: questa sarebbe determinata dall'ambiente naturale e storico-sociale, che prende il controllo dei comportamenti, al ridursi delle motivazioni biologiche.
Tra le abilità che possono essere apprese c'è l'apprendimento stesso. Si può imparare ad apprendere. Lo spostamento da apprendimenti di primo livello a quelli di secondo livello produce quello che Gregory Bateson definisce Deuteroapprendimento.
L'educazione risulta l'attività umana socialmente regolata e designata a promuovere l'altrui apprendimento.
[Nel contesto insegnamento-apprendimento si inserisce l'educazione permanente].
Per "educazione permanente" si intende l'attività di perfezionamento e di studio svolta in modo costante da un singolo individuo o da un'organizzazione nel suo insieme per aggiornare e sviluppare le conoscenze e le tecniche professionali.
Elementi caratteristici dell'educazione permanente
Oggigiorno la società si trova a giocare nuove sfide rispetto al passato. Questi nuovi tempi richiedono una maggiore flessibilità a seguito dei continui cambiamenti che coinvolgono tutte le dimensioni della vita: politica, sociale ed economica. Molti parlano di una società della conoscenza che accompagna i nostri tempi. Una società che vuole valorizzare l'individuo e il suo continuo crescere, riflettere e acquisire nuovi saperi e nuove conoscenze come capitale intellettuale a fondamento dello sviluppo sociale del paese. La nostra società è sempre più volta ad impegnarsi in nuove logiche di processo e di innovazione in tutti gli ambiti dell'attività umana. L'uomo deve allora saper coltivarsi, ovvero saper apprendere. L'apprendimento non è più un percorso che deve concludersi al termine dell'istruzione, ma deve divenire un apprendimento continuo, per tutta la vita per promuovere una nuova cultura dello sviluppo.
Il concetto di educazione permanente è dunque rappresentazione di questa società dove si deve favorire l'apprendimento in contesti formali, informali e non formali e non solo in quei contesti tradizionali volti all'apprendimento, bensì in qualsiasi ambito e durante l'intero arco della vita.
L'educazione permanente, in questa prospettiva, offre un miglioramento delle conoscenze, delle capacità, delle competenze al fine di promuovere la cittadinanza attiva, l'autorealizzazione, l'inclusione sociale e l'adattamento professionale. L'educazione richiede dunque una continua ricerca di strumenti affinché tutti possano essere inclusi in questo processo.
Promuovere un'educazione permanente è oggi uno degli obiettivi delle politiche internazionali e delle comunità europee.
I quattro pilastri dell'educazione
Imparare a conoscere: significa acquisire gli strumenti della comprensione; presuppone che la persona impari ad imparare attraverso l'esercizio della memoria, della concentrazione, della riflessione.
Imparare a fare: consiste nel mettere in pratica ciò che è stato appreso ed è legato al problema della formazione professionale. Ciò che è conosciuto deve poi essere messo in atto ed essere adattato al mondo del lavoro.
Imparare a vivere insieme: afferma che una buona e vera educazione deve fare in modo che si riesca ad evitare i conflitti, deve far insorgere nei giovani il rispetto verso gli altri, verso la loro cultura e i loro valori. Perché ciò avvenga, le persone devono essere in grado di portare avanti una graduale scoperta verso gli altri, anche se però, per arrivare a questo punto finale, bisogna prima essere in grado di conoscere sé stessi.
Per vivere assieme bisogna, inoltre, saper porre obiettivi comuni che durino per tutto il corso della vita.
Imparare ad essere: indaga lo sviluppo totale dell'individuo, facendo in modo che ognuno possa arrivare ad una completa realizzazione personale attraverso lo sviluppo di corpo e spirito, intelligenza, responsabilità, valori e autonomia.
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Fonte Wikipedia
Un ultimo concetto sul dualismo insegnamento-apprendimento: l'insegnamento è il processo di impartire conoscenza e istruzione. l'apprendimento è l'acquisizione di conoscenze, comportamenti, abilità, valori, ecc.:
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Comunque, prima di analizzare gli strumenti necessari che l’autore del cambiamento deve adoperare in alternativa al sistema educativo «...» e ancora più indispensabile in presenza di situazioni problematiche complesse, è doveroso chiarire il senso del termine “Empatia”.
Essa consiste nel DIALOGO e nell’ASCOLTO, nella convivenza democratica, nel confronto continuo, nell’INTERSOGGETTIVITA’, e ancora, consiste nel CONOSCERE SE STESSI ATTRAVERSO GLI OCCHI DELL’ALTRO.
Il termine, dal tedesco Einfühlung che equivale a «partecipazione emotiva» o «empatia», trova la sua più ampia e definitiva sistemazione nel pensiero del THEODOR LIPPS filosofo e psicologo tedesco (1851-1914). L’empatia indica la capacità di immedesimarsi in un’altra persona fino a cogliere i pensieri e gli stati d’animo.
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L’INSIEME E’ MIGLIORE DELLE PARTI
Chi non vede
chi non capisce
che pietre, mattoni e tegole
sono, nello stesso tempo, tutto
e niente
per diventare una casa?
In mucchio hanno valore di speranza.
A servizio di un progetto,
vivendo l’unità,
esse formano un insieme,
e l’insieme
è migliore delle parti disperse.
HALDER CAMARA
L’autore della poesia vuol dirci, con l’esempio della casa che è formata da mattoni, tegole e pietre e che questi elementi valgono molto nell’insieme e niente da soli, che tutti noi non siamo nessuno se non ci inseriamo nel contesto sociale; infatti come diceva anche JOHN DONNE: la realizzazione di sé si basa sul fatto che gli uomini hanno bisogno gli uni degli altri proprio per essere se stessi e che raggiungono alti livelli di indipendenza e di maturità solo quelle persone che sono riuscite a stabilire rapporti soddisfacenti con gli altri.
Tratto da "Educazione e Società Complessa" Relatore Chiar.mo Prof. G. Russillo
Tesi di Laurea mia in Pedagogia UNIBA A.A. 1996/97
Lorenzo 5.7.24
mercoledì 3 luglio 2024
Olea Europea
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L'olivo, o ulivo, (Olea europaea L., 1753) è un albero da frutto che si presume sia originario dell'Asia Minore e della Siria, poiché in questa regione l'olivo selvatico spontaneo è diffuso sin dall'antichità, formando delle foreste sulla costa meridionale dell'Asia Minore. Qui, appunto, i Fenici cominciarono a coltivarlo scoprendone le sue grandi proprietà, cui diedero il nome speciale che i Latini resero come "olea".
Fu utilizzato fin dall'antichità per l'alimentazione. Le olive, i suoi frutti, sono impiegati per l'estrazione dell'olio di oliva e, in misura minore, per l'impiego diretto nell'alimentazione. A causa del sapore amaro dovuto al contenuto in polifenoli appena raccolte, l'uso delle olive come frutti nell'alimentazione richiede però trattamenti specifici finalizzati alla deamaricazione (riduzione dei principi amari), realizzata con metodi vari. L'olivo svolge preziose funzioni ambientali mitigando i cambiamenti climatici. Appartiene alla famiglia delle Oleacee e al genere Olea.
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Fonte Wikipedia
venerdì 28 giugno 2024
Ondata di freddo e nevicata del febbraio 1956
La nevicata del 1956 e la relativa ondata di freddo rappresentano un evento meteorologico di particolare rilevanza ed eccezionalità storica per dimensioni del fenomeno che colpì il continente europeo e l'Italia nell'inverno di quell'anno.
Nel mese di febbraio di quell'anno un'ondata eccezionale di freddo investì buona parte dell'Europa e dell'Italia, coprendola di neve e gelo con un'intensità tale da essere definita la "nevicata del secolo": costituì infatti l'evento nevoso più marcato e pesante dai tempi dell'inverno del 1929 per tutta la penisola, e i successivi fenomeni del gennaio 1985 e 1986, non meno rilevanti, non ne eguagliarono comunque l'estensione temporale e geografica.
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lunedì 24 giugno 2024
Santo Spirito
Santo Spirito
Regione Puglia
Provincia Bari
Città Bari
Circoscrizione Municipio 5
Data istituzione 26 gennaio 1970
Nome abitanti santospiritesi
Patrono Immacolata
Santo Spirito, conosciuto anche come Santo Spirito - Catino - San Pio, è un quartiere di Bari. Insieme a Palese - Macchie fa parte del municipio V del capoluogo.
Geografia fisica
Il quartiere sorge all'estrema punta nord del capoluogo, 11 km a nord-ovest del centro.
Confina:
a nord con la costa Adriatica;
a est col quartiere di Palese - Macchie;
a sud-ovest con il comune di Bitonto;
a ovest con il comune di Giovinazzo.
Il nucleo principale di Santo Spirito costituisce geograficamente lo sbocco a mare di Bitonto e delle sue lame minori, come testimonia il toponimo di "Catino" che designava un'area paludosa e dove oggi sorge un quartiere soggetto a frequentissimi allagamenti a causa degli apporti meteorici provenienti dall'interno, e quindi dalla murgia bitontina, ed a cui la particolare conformazione geologica degli strati delle bancate calcaree in quella zona non consente di avere libero sfogo verso il mare.
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venerdì 21 giugno 2024
Il Milione
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Il libro fu scritto da Rustichello da Pisa, un autore di romanzi cavallereschi, che trascrisse sotto dettatura le memorie rievocate da Marco Polo, mentre i due si trovavano nelle carceri di San Giorgio a Genova.
Rustichello adoperò la lingua franco-veneta, una lingua culturale diffusa nel Nord Italia tra la fascia subalpina e il basso Po. Un'altra versione fu scritta in lingua d'oïl, la lingua franca dei crociati e dei mercanti occidentali in Oriente, forse nel 1298, ma sicuramente dopo il 1296. Secondo alcuni ricercatori, il testo sarebbe poi stato rivisto dallo stesso Marco Polo una volta rientrato a Venezia, con la collaborazione di alcuni frati dell'Ordine dei domenicani.
Considerato un capolavoro della letteratura di viaggio, Il Milione è anche un'enciclopedia geografica, che riunisce in volume le conoscenze essenziali disponibili alla fine del XIII secolo sull'Asia, e un trattato storico-geografico. È stato scritto che «Marco si rivolge a tutti quelli che vogliono sapere: sapere quello che c'è al di là delle frontiere della vecchia Europa. Non mette il suo libro sotto il segno dell'utile, ma sotto il segno della conoscenza».
Rispetto ad altre relazioni di viaggio scritte nel corso del XIII secolo, come l'Historia Mongalorum di Giovanni da Pian del Carpine e l'Itinerarium di Guglielmo di Rubruck, Il Milione fu eccezionale, perché le sue descrizioni si spingevano ben oltre il Karakorum e arrivarono fino al Catai. Marco Polo testimoniò l'esistenza di una civiltà mongola stanziale e molto sofisticata, assolutamente paragonabile alle civiltà europee: i mongoli, insomma, non erano solo i nomadi "selvaggi" che vivevano a cavallo e si spostavano in tenda, di cui avevano parlato Giovanni da Pian del Carpine e Guglielmo di Rubruck, ma abitavano città murate, sapevano leggere e avevano usi e costumi molto sofisticati. Così come Guglielmo di Rubruck, invece, Marco smentisce alcune leggende sull'Asia di cui gli europei all'epoca erano assolutamente certi.
Il Milione è stato definito come "la descrizione geografica, storica, etnologica, politica, scientifica (zoologia, botanica, mineralogia) dell'Asia medievale". Le sue descrizioni contribuirono alla compilazione del mappamondo di Fra Mauro e ispirarono i viaggi di Cristoforo Colombo.
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lunedì 10 giugno 2024
Gravina in Puglia
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Frazioni Barisci, Dolcecanto, Scarpara, Lago di Serra del Corvo, Murgetta, Pantanella, Pescofaliero, Rifezza
Comuni confinanti Altamura, Poggiorsini, Ruvo di Puglia, Spinazzola (BT), Genzano di Lucania (PZ), Grottole (MT), Irsina (MT), Matera (MT)
Gravina in Puglia (Gravéine in dialetto locale, gra'vi?n, fino al 1863 chiamata Gravina) è un comune italiano di 42 520 abitanti della città metropolitana di Bari in Puglia. Ivi ha sede il parco nazionale dell'Alta Murgia.
È conosciuta per diverse specialità gastronomiche, come il formaggio Pallone di Gravina, il sasanello e il vino (Verdeca di Gravina) Gravina DOP. Il territorio è caratterizzato dalle omonime gravine, profondi canyon su cui spicca il ponte acquedotto, di probabile origine seicentesca. È abitata ininterrottamente da oltre diecimila anni.
Territorio
Gravina insiste sul banco calcareo della fossa bradanica e si attesta al vertice nord del corrugamento carsico che caratterizza la geomorfologia pedemurgiana e appulo-lucana. A sud confina con la Basilicata. Ha un'estensione territoriale di 384,74 km2, che ne fanno il 22º comune italiano per estensione territoriale.
Versante Bradanico - territorio gravinese.
Dal punto di vista orografico, è situata tra il pre-Appennino lucano e la Murgia nelle zone terminali, con altitudine media di 360 m. Parte della città si estende sulle sponde di un crepaccio profondo, molto simile ai canyon, scavato nella roccia calcarea da un fiumiciattolo, il torrente Gravina, affluente del Bradano, da cui prendono il nome le famose gravine della Murgia, in un territorio caratterizzato dalla presenza di numerose cavità carsiche, come il profondo Pulicchio di Gravina e la profondissima Grave di Faraualla. Nelle campagne al confine col territorio di Matera vi è un vulcano di fango di nuova formazione.
La vegetazione comprende numerosissime specie (pseudo steppe mediterranea - sulla Murgia) a cui si contrappongono interminabili di uliveti e vigneti, ma anche la storica coltivazione del grano duro; ricade inoltre tra i territori di produzione di numerose leguminose come il cece rosso di Gravina e la lenticchia di Altamura che ha ottenuto nel 2017 l'Indicazione geografica protetta (IGP).
Il bosco Difesa Grande ha un'estensione di circa 2.000 ettari. Situato a circa 6 km dal centro abitato di Gravina, è posto nel medio bacino idrografico del fiume Bradano.
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Fonte Wikipedia