sabato 13 luglio 2024

Cantiere

Cantiere lavori in Corso


Il cantiere (dal latino cantherius, "cavallo castrato", passato poi a significare "cavalletto di sostegno") è un'area di lavoro temporanea nella quale si svolge la costruzione di un'opera di ingegneria civile o di un fabbricato, o uno scavo archeologico. Un cantiere può essere fisso (ad esempio nella costruzione di un edificio o di una nave) o mobile (come ad esempio nella costruzione di strade, gallerie, ferrovie, ecc.).

Tipi

Si distinguono vari tipi di cantiere, ed i più noti sono:

il cantiere edilizio

il cantiere impiantistico

il cantiere navale

il cantiere aeronautico

il cantiere stradale

il cantiere archeologico

Dal punto di vista produttivo, il cantiere è un'organizzazione a punto fisso, nel quale cioè il prodotto rimane fermo e sono le attrezzature e le maestranze che si muovono, in contrapposizione a quanto accade nelle organizzazioni per processo o per prodotto.

Cantiere edilizio

È il luogo e l'insieme di impianti, attrezzature, magazzini e uffici in cui si svolgono i lavori edili appartenenti al dominio dell'ingegneria civile. I lavori edili comprendono più in generale:

opere di manutenzione, riparazione e demolizione;

opere di conservazione, risanamento e ristrutturazione;

scavi;

montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati;

realizzazione di nuovi edifici e/o delle opere civili per le nuove infrastrutture ecc.

Il cantiere edile si distingue dal cantiere speciale.

Il cantiere speciale è un cantiere che per tipologia di lavoro, per attrezzature e manodopera, richiede elevata specializzazione. Esso riguarda:

le opere di movimento della terra;

le fondazioni speciali;

le costruzioni stradali;

le gallerie;

le dighe;

prefabbricazioni per ponti e viadotti.

Particolare attenzione viene rivolta alle macchine edili per ridurne le discontinuità di utilizzazione; con percorsi interni minimi e contemporaneamente agevoli ad autocarri e macchinari.

Il notevole sviluppo dell'edilizia e la conseguente necessità di eseguire rapidamente sia i lavori sia le costruzioni progettate hanno richiesto un uso sempre più diffuso degli elementi prefabbricati.

Il D.Lgs. 81/08 (capo IV) ha introdotto una serie di novità interessanti in materia, appesantendo le responsabilità del Committente in merito alla nomina e alla verifica dell'operato del Coordinatore per la sicurezza nei cantieri in fase di progettazione e di esecuzione (culpa in eligendo e in vigilando).

Professioni richieste

Le professioni più tipiche che caratterizzano un cantiere edilizio (in ordine logico nella catena di produzione) sono:

il direttore dei lavori, rappresenta il committente e si assicura che le indicazioni del progetto vengano attuate correttamente;

il capocantiere, coordina le attività di cantiere, avvalendosi di capisquadra e di assistenti di cantiere;

il responsabile per la sicurezza (in Italia: coordinatore della sicurezza in fase di progettazione, redige il Piano di Sicurezza e Coordinamento), si occupa degli aspetti riguardanti la sicurezza e in particolare della prevenzione degli infortuni;

il carpentiere e il ferraiolo preparano le strutture dei pilastri, delle travi e dei solai;

i muratori realizzano i muri perimetrali ed i tramezzi interni;

gli impiantisti realizzano le opere idrauliche, elettriche, di lattoneria nelle varie fasi di lavorazione;

i pontisti si occupano del montaggio e smontaggio dei ponti di servizio;

gli operai specializzati per i sottofondi si dedicano alla realizzazione di manti insonorizzanti e massetti;

i trabuccanti si occupano delle finiture dei muri con intonaco;

i piastrellisti si occupano delle finiture dei pavimenti con piastrelle o palchetti, e dei muri con piastrelle;

i serramentisti montano porte e finestre;

i decoratori verniciano muri, serramenti e arredi;

i vetrai montano i vetri su porte, finestre e balconi;

i cartongessisti sono operai specializzati nell'uso del cartongesso o altre lastre e pannelli simili.

(si trascurano altre professioni considerate meno tipiche dei cantieri edili)

Cantiere impiantistico

La realizzazione di grandi impianti (energetici, chimici, petrolchimici, nucleari, ecc.) presuppone la costruzione in uno spazio limitato di sistemi impiantistici complessi, che perlopiù sono contenuti in diversi edifici e spesso comprendono componenti ingombranti e di difficile trasporto. La realizzazione richiede la presenza simultanea di un grande numero di imprese specialistiche e determina problemi complessi di coordinamento per assicurare la prevista sequenza costruttiva o l'introduzione di modifiche in corso d'opera, tali da ottimizzare il tempo e i costi di realizzazione nonostante il verificarsi di difficoltà impreviste. Il cantiere impiantistico è perciò estremamente complesso ed è normalmente caratterizzato da una sovrapposizione fra progettazione e realizzazione, tanto che i disegni finali dell'opera (gli as built) sono il risultato finale della costruzione.

Il D.Lgs. 81/08 (capo IV) ha introdotto una serie di novità interessanti in materia, appesantendo le responsabilità del Committente in merito alla nomina e alla verifica dell'operato del Coordinatore per la sicurezza nei cantieri in fase di progettazione e di esecuzione (culpa in eligendo e in vigilando).


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Fonte Wikipedia

venerdì 12 luglio 2024

Il Matrimonio degli alberi

Matrimonio

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L’argomento fa seguito a quello che i cortesi lettori hanno potuto leggere su questo giornale, ovvero lo sposalizio  del mare, a Venezia e a Cervia. Adesso raccontiamo il matrimonio degli alberi, un antico rito  contadino  di propiziazione degli dei, o anche delle ninfe dei boschi, viene celebrato per propiziare un buon raccolto dopo un anno di  duro lavoro dei campi. Questo culto pagano nel corso dei secoli è stato comune a molte popolazioni, sia italiane che nel mondo, ed ancora oggi è vivo in alcune aree del pianeta dopo essere stato, per così dire, cristianizzato, alla stregua di molti altri culti di origine pagana. I meno giovani ricorderanno, infatti, che fino a pochi decenni fa, nel periodo post pasquale, i parroci di molti paesini del meridione d’Italia, ma credo anche altrove, accompagnati dai chierichetti e da anziane pie donne, giravano per le campagne con aspersorio e turibolo per benedire le messi. I contadini al lavoro bloccavano per qualche minuto ogni attività, chinavano il capo segnandosi e non mancavano mai di offrire al celebrante un cesto di frutta o degli ortaggi. Appunto, una cerimonia propiziatoria a tutti gli effetti, mutuata dal paganesimo, sì, ma assai cara alla gente di campagna.

Ad Accettura in provincia di  Matera, i contadini aspettano che  venga il  rigoglioso mese di maggio per compiere  i riti  propiziatori in cui fanno, per così dire, sposare due alberi che hanno persino un nome proprio, o quasi: Maggio, lo sposo e Cima , la  sposa. Il primo, appunto Maggio,  è un cerro, scelto  tra  i più  dritti e alti del bosco di Montepiano, mentre Cima, la leggiadra sposa,  è una  pianta di agrifoglio con una bella cima frondosa della foresta di  Gallipoli. Questo matrimonio avviene perché, nella convinzione  degli antichi contadini, i sessi avevano una notevole influenza sulla vegetazione: era un atto di fede preparatorio ad una ricca  produzione dei campi. Questa festa  pagana  fu poi assimilata  dal Cristianesimo, lo abbiamo detto, ovviamente con le dovute e opportune modifiche e con i necessari adattamenti, cioè  ponendo  la Madonna ed i Santi  al posto degli dei pagani e istituendo per l’occasione una solennità cristiana. Ed ecco come si svolge  la festa ai giorni nostri. I boscaioli, all’alba  della vigilia della Pentecoste, si recano nei due rispettivi boschi, non molto lontani l’uno dall’altro, tra canti, suoni di campanacci e una massa di gente  in festa,  eccitata per la festa imminente.  Maggio, lo sposo, già abbattuto nel giorno dell’Ascensione,  viene prelevato  e portato con un carro  trainato dai buoi, lungo un antico tratturo. Il momento centrale della festa sia ha con l’incontro dei due  “promessi sposi“ che si celebra con balli, suoni e canti, ma soprattutto con festosi banchetti, allegre risate e ricche bevute in buona compagnia, con l’accompagnamento musicale delle bande che sfilano per le strade del paese. L’indomani, mentre i boscaioli mettono in piedi lo sposo Maggio, dalla mattina fino al tramonto è un susseguirsi di processioni: dai monti scendono le statue dei santi Giovanni e Paolo “buoni per far piovere”, poi passa la processione con la Beata Vergine, tra  giovinette inghirlandate con le CENTE, cioè, pesanti coroncine di fiori e  di  cera tra i capelli, e alla fine, verso il tramonto  arriva il San Giulianicchio, chiamato così per burla, edizione minore  del San Giuliano, il gran protagonista del giorno dopo. Infine, l’indomani, giorno della Pentecoste ed anche dell’atteso giorno delle nozze, avviene la cerimonia finale. A mezzogiorno in punto esce la  statua  di San Giuliano dalla  Chiesa Madre e viene portata in processione fino al largo di San Vito dove, finalmente, si realizza il  tanto  atteso matrimonio tra Maggio e Cima. Il, diciamo così, contatto tra i due promessi sposi avviene tramite pioli di legno infissi tra  i due tronchi e l’unione viene benedetta da San Giuliano.  La festa si conclude con una chiassosissima ed allegra gara di arrampicata lungo i due tronchi, felicemente uniti in matrimonio.

Fonte: News Arte e Cultura 13.6.2015

giovedì 11 luglio 2024

Via Appia

Via Appia Antica

La via Appia era una strada romana che collegava Roma a Capua. Fu poi prolungata nei secoli successivi fino a Brundisium (Brindisi), porto tra i più importanti dell'Italia antica, da cui avevano origine le rotte commerciali per la Grecia e l'Oriente. Considerata dai Romani la regina viarum (regina delle strade), è universalmente ritenuta, in considerazione dell'epoca in cui fu realizzata (fine IV secolo a.C. - III sec. a.C.), una delle più grandi opere di ingegneria civile del mondo antico per l'enorme impatto economico, militare e culturale che essa ha avuto sulla società romana.

Larghi tratti della strada, particolarmente nel suburbio della città di Roma, sono ancora oggi conservati e percorribili nonché meta del turismo archeologico.

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Il percorso originario dell'Appia Antica, partendo da Porta Capena, vicino alle Terme di Caracalla, collegava l'Urbe a Capua (Santa Maria Capua Vetere) passando per Aricia (Ariccia), Forum Appii, Anxur (Terracina) nei pressi del fiume Ufente, Fundi (Fondi), Itri, Formiae (Formia), Minturnae (Minturno) e Sinuessa (Mondragone).

Da Capua proseguiva poi per Vicus Novanensis (Santa Maria a Vico) e, superando la stretta di Arpaia, raggiungeva, attraverso il ponte sul fiume Isclero, Caudium (Montesarchio) e di qui, costeggiando il monte Mauro, scendeva verso Apollosa e il torrente Corvo, su cui, a causa del corso tortuoso di questo, passava tre volte, utilizzando i ponti in opera pseudoisodoma di Tufara Valle, di Apollosa e Corvo, i primi due a tre arcate e l'ultimo a due. Essi furono distrutti durante la seconda guerra mondiale, e solo quello di Apollosa è stato ricostruito fedelmente.

È dubbio quale percorso seguisse l'Appia da quest'ultimo ponte fino a Benevento; rimane però accertato che essa vi entrava passando sul Ponte Leproso o Lebbroso, come indicato da tracce di pavimentazioni che conducono verso il terrapieno del tempio della Madonna delle Grazie, da cui poi proseguiva nel senso del decumano, cioè quasi nel senso dell'odierno viale San Lorenzo e del successivo corso Garibaldi, per uscire dalla città ad oriente e proseguire alla volta di Aeclanum (presso l'attuale Mirabella Eclano), come testimoniano fra l'altro sei cippi miliari conservati nel museo del Sannio.

Superata Aeclanum (nota anche come Aeculanum), la strada giungeva nella valle dell'Ufita ove, presso la località Fioccaglie di Flumeri, si rinvengono i resti di un insediamento graccano denominato probabilmente Forum Aemilii. Da tale centro abitato si dipartiva infatti una diramazione, la via Aemilia diretta ad Aequum Tuticum e probabilmente nell'Apulia adriatica.

L'Appia raggiungeva invece il mar Ionio a Tarentum (Taranto), passando per Venusia (Venosa) e Silvium (Gravina). Poi svoltava a est verso Rudiae (Grottaglie) transitando per una stazione di posta presente nella città di Uria (Oria) e, da qui, terminava a Brundisium (Brindisi, nell'allora Calabria) dopo aver toccato altri centri intermedi.

In epoca imperiale la Via Appia Traiana avrebbe poi collegato, in maniera più lineare, Benevento con Brindisi passando per Aequum Tuticum (presso Ariano Irpino), Aecae (Troia), Herdonias (Ordona), Canusium (Canosa) e Barium (Bari).


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Fonte Wikipedia

mercoledì 10 luglio 2024

Murge Tarantine

Dune di Campomarino

Le formazioni collinari, di rilievo anche modestissimo, citate nella voce paiono avere come unica caratteristica comune l'essere racchiusi entro i confini della provincia di Taranto. 

Le Murge tarantine sono un complesso collinare della provincia di Taranto in Puglia.

Rappresentano il prosieguo dell'altipiano murgiano. I confini delle Murge tarantine non sono ben definiti, ma approssimativamente comprendono l'area delle gravine a nord-ovest del capoluogo provinciale (Laterza, Ginosa, Castellaneta etc.) che digradano fino all'arco ionico tarantino, l'area della valle d'Itria e della soglia messapica (Martina Franca, Crispiano, Montemesola, Grottaglie etc.) e, a oriente del capoluogo, l'area delle serre (Roccaforzata, Faggiano, San Giorgio Ionico, Carosino, Lizzano, Fragagnano, Avetrana etc.) al confine con la provincia di Lecce.

Nell'ambito delle Murge tarantine è possibile distinguere due macro-aree: la porzione centro-occidentale della provincia (Gravine e Valle d'Itria) si caratterizza per rilievi relativamente elevati e a volte ripidi; la zona centrale e orientale (Soglia messapica e le serre) presenta invece rilievi assai modesti, che difficilmente superano i 150 m s.l.m.

I rilievi più alti si trovano principalmente nel territorio comunale di Martina Franca: il monte Sorresso raggiunge i 524 m s.l.m., ma superano i 400 m s.l.m. anche il monte Trazzonara, il Monte Fellone, su cui sorgono la frazione omonima e quella di Specchia Tarantina.

Nella seconda macro-area, si ergono in maniera a volte improvvisa, seppur con altitudine molto modesta, le cosiddette serre: la Serra di Sant'Elia (145 m s.l.m.), nel comune di Roccaforzata, il Monte Bagnolo (alto 126 m s.l.m.) tra Manduria e Sava, il monte Santa Petronilla tra Lizzano e Sava, il Monte Santa Sofia (alto 123 m) sul quale sorge Fragagnano, il Monte dei Diavoli (117 m) e il Monte della Marina (100 m) tra Manduria ed Avetrana, il Monte Furlano (90 m) e il Monte Specchiuddo (72 m) nel territorio di Maruggio.

Maruggio (Maruggiu in salentino settentrionale) è un comune italiano di 5 228 abitanti della provincia di Taranto in Puglia.

È noto soprattutto per il suo centro storico edificato in gran parte dall'ordine dei cavalieri di Malta (che vegliarono su questa terra dal 1317 al 1819) e per la tipica produzione del vino primitivo. Il comune fa parte dei borghi più belli d'Italia. Il centro abitato si trova in un avvallamento naturale ad un'altitudine media di 26 m s.l.m., circa 40 km a est di Taranto, ai piedi delle Murge tarantine, nel Salento nord-occidentale. Comprende la frazione di Campomarino, che si affaccia sul Mar Ionio per circa 9 km.

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Si fa risalire il convento di Santa Maria delle Grazie al XVI secolo quando il commendatore di Maruggio era Mattia di Capua. Fu costruito dai frati minori osservanti che ebbero l'autorizzazione da papa Clemente VII il 6 aprile 1534, e fu ultimato nel 1575.

La struttura comprende una chiesa e un annesso chiostro. La chiesa fu costruita su un edificio sacro di epoca precedente, di cui si conservano solo resti di antichi affreschi e la forma dell'antico rosone, poi murato). Fin dall'origine era formata da un'unica navata.

In occasione di un successivo ampliamento in profondità dell'edificio, vennero edificate una cappella a destra e una cappella a sinistra, con un altare in stile barocco i cui materiali furono in seguito riutilizzati in altre parti della chiesa (leggio in pietra e sedia in pietra riservata al sacerdote). La cappella a destra ospita un semplice altare con un Crocifisso.

In seguito, in epoca barocca inoltrata, vennero edificate le altre due cappelle sulla sinistra, le quali presentano altari in stile barocco leccese.

Il chiostro si presenta come un quadriportico a 20 arcate divise da pilastrini ottagonali. 28 lunette presentano affreschi seicenteschi, alcuni dei quali riproducono scene delle vite di san Francesco d'Assisi, sant'Antonio da Padova, san Pasquale Baylon e san Bernardino da Siena. Il soffitto è con volte a crociera in carparo locale e tufo biancastro. Al centro del chiostro è presente un pozzo sormontato da colonne che sostengono una statua di Sant'Antonio con il Bambino.

Dal 1779 fu sede di noviziato e dal 1847 anche scuola di sacra eloquenza. Fino al 1866 fu sede di chiericato. Il convento venne soppresso nel 1876. In seguito fu riaperto nel 1891 con una piccola comunità e fino agli inizi del Novecento fu sede di noviziato e scuola di teologia e filosofia. In seguito divenne caserma dei carabinieri, scuola elementare e oggi è sede del municipio.

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Fonte Wikipedia







domenica 7 luglio 2024

Le città

Le Città invisibili
 

«"Le città invisibili" di Italo Calvino si presenta come una serie di relazioni di viaggio che Marco Polo fa a Kublai Kan imperatore dei Tartari. A questo imperatore melanconico, che ha capito che il suo sterminato potere conta ben poco perché tanto il mondo sta andando in rovina, un viaggiatore visionario racconta di città impossibili ... Quello che sta a cuore al mio Marco Polo, afferma l'Autore, è scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, ragioni che potranno valere al di là di tutte le crisi. Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d'un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell'economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi. Il mio libro, continua l'Autore, s'apre e si chiude su immagini di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici.»

Dalla Presentazione 

Tutto questo si riporta ancora in quel groviglio spaventoso che è il mondo in cui viviamo ma dalla riflessione su questo mondo e sulle possibilità che abbiamo di viverci dentro e scamparne emerge una delle sentenze più belle che Calvino abbia scritto. Al termine de Le città invisibili, infatti, l'autore ci fornisce un consiglio per affrontare questo mondo tremendo e confusionario, e dice: 

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.


Italo Calvino, Le città invisibili, Mondadori ed, 1972