Non solo la paranza come compagnia di contadini, i mietitori a tempo determinato, nei mesi di Luglio e Agosto, nei campi di Lucania, ma anche la frittura di paranza che è una frittura di pesce di piccolo taglio diffusa in molte zone d'Italia. Prende il nome dalla paranza, che è una tipica barca per la pesca a strascico, comunemente impiegata dalle marinerie italiane. È di solito fatta con calamari, gamberi, merluzzetti, triglie, sogliolette, suace, ma possono esservi anche altre varietà di pesce di piccolo taglio, come alici, mazzoni, retunni o vope. Talvolta, vengono aggiunte anche verdure. La frittura viene fatta passando il pesce nella farina, quindi friggendolo rapidamente nell'olio bollente e poi asciugandolo su carta assorbente. La frittura di pesce va mangiata caldissima. Essa, talvolta, viene accompagnata a tavola da spicchi di limone, il cui succo può essere usato come condimento. In Campania e in Toscana, specialmente nelle zone di Livorno e Viareggio, è noto l'uso di una busta arrotolata a forma di cono, con il pesce fritto all'interno: chiamato cuoppo di paranza in Campania e cartata di pesce fritto in dialetto viareggino.
sabato 31 dicembre 2022
giovedì 29 dicembre 2022
La Chiesa della MIsericordia !!
La Chiesa della Misericordia, nel mio borgo, viene eretta nel 1414 in segno di ringraziamento alla Madonna dopo un lungo periodo di siccità. Interdetta al culto per mancanza di manutenzione nel 1857, è stata demolita nel 1905, secondo quel principio estetico, abbastanza discutibile, dell’isolamento degli edifici monumentali. L’unico elemento che si è conservato di questo edificio di culto è il portale cinquecentesco addossato alla facciata del Palazzo De Lerma, sulla quale comunque risulta tutt’ora leggibile, in maniera evidente, la sagoma del volume della chiesetta, con gli spioventi del tetto piuttosto accentuati, attraverso la differenza della patina sulle pietre, tra quelle più bianche e le altre brunite, oltre che da alcune parti cementate a primo piano. La piazza oltre ad essere definita dalla Cattedrale e da una cortina di edilizia semplice, tra il Cinquecento e il Settecento, si è arricchita di nuove quinte architettoniche mediante la costruzione di palazzi nobili, che stabiliscono un rapporto differente con il Duomo, restituendo allo spazio urbano una maggiore qualità.
Fonte Primo Piano, 2020
giovedì 15 settembre 2022
Recensione
Recensione di Catene di libertà di Padre Pier Luigi Maccalli
Raccontare del libro “Catene di libertà” di Padre Pier Luigi Maccalli, Missionario della SMA, è immergersi nell’alone dello Spirito Santo a cui Padre Luigi si è affidato durante il tempo della prigionia, rapito nella Missione di Bomoanga il 17 settembre 2018 e tenuto prigioniero nel deserto del Sahel per due anni fino a ottobre 2020. Il Sahel (dall'arabo Sahil, "bordo del deserto") è una fascia di territorio dell'Africa subsahariana, estesa tra il deserto del Sahara a nord, la savana sudanese a sud, l'oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a est e che copre (da ovest a est) gli Stati del Gambia, Senegal, la parte sud della Mauritania, il centro del Mali, Burkina Faso, la parte sud dell'Algeria e del Niger, la parte nord della Nigeria e del Camerun, la parte centrale del Ciad, il sud del Sudan, il nord del Sudan del Sud e l'Eritrea. Il territorio costituisce una zona di transizione tra l'ecozona paleartica e quella afrotropicale, ovvero un'area di passaggio climatico dall'area arida del Sahara a quella fertile della savana arborata sudanese. Il libro di Padre Luigi rappresenta un “quaderno dal carcere” in cui si alternano cronologia del tempo e riflessioni che man mano si affacciano nella mente, circa la sua triste esperienza di prigioniero, rapito da un gruppo di uomini armati, mentre alla sua domanda chi siano, ottiene come risposta: “Chiamaci terroristi o jihaidisti, va bene tutto”. (pag. 18) Padre Luigi non ha una Bibbia su cui meditare, né un altare dove celebrare la Santa Messa, se non sabbia del deserto e la Memoria che non gli fa dimenticare di recitare la Passione e la Morte di Gesù, in cui il Salvatore si fa Pane di Vita Eterna. Ha i piedi incatenati, legati ad un alberello nel deserto, ma il cuore è libero di innalzarsi alle più alte vette della Fede che mai abbandona, pur tentato alla conversione all’islam dai carcerieri di turno. Il manoscritto è diviso in sette capitoli, in cui Padre Luigi racconta i tempi e i luoghi in cui trascorre i due anni della sua vita. Il primo capitolo “Parole nel vento” racconta la notte del rapimento in cui diviene “un trofeo di guerra” incatenato ad un alberello; ma nella prova delle catene il suo Spirito si libera (pag. 35). Recita il Santo Rosario e a memoria l’Ordinario della Santa Messa e il momento della Consacrazione “Questo è il mio Corpo”. Nel primo solstizio d’inverno s’incanta ad ammirare il tramonto con le tonalità di colori che il sole cambia nell’atmosfera, mentre la luna in contemporanea, rinasce con lo stesso colore, per poi innalzarsi e divenire bianca nel suo viaggio nel cielo stellato. Viene tentato alla conversione, ma il suo perentorio “resistere” diviene assoluto e forte. Il “Silenzio di Dio”, secondo capitolo, è solo apparenza, infatti, risuona in Lui l’esortazione “non temere, Gigi” (pag. 50). Dio non lo abbandona e gli fa ricordare o vedere messaggi lungo il percorso sul fiume Niger: “Dio ti ama” è scritto su una piroga. Continua la sua avventura di prigioniero con un altro rapito, Luca e finisce, così, la sua solitudine e almeno inizia la compagnia con l’altro compagno di prigione, attraverso il racconto delle loro vicissitudini e disavventure. (pag. 67) Intanto, viene la “Primavera” capitolo terzo. “oggi è Pasqua, un nuovo inizio” (pag. 78) e le serate con Luca servono ad approfondire la loro conoscenza reciproca, mentre ogni sera ricordano che “La liberazione è di un giorno più vicina”. (pag. 86) Nel Quarto capitolo ascolta “La Musica del Silenzio”, dove, anche le conversazioni con Luca si fanno sempre più rare. (pag. 101) “Il vento continua a suonare note di silenzio” (pag. 102) ma il vento è la parola di Dio che viene in soccorso di Padre Luigi. Scrive così una lettera al Signore come risposta, il 19 giugno 2019, come atto di fiducia e di totale abbandono alla Sua volontà: “Fai di me quello che vuoi, qualunque cosa, purchè la Tua volontà si compia in me”. (pag. 106) Il Quinto capitolo “Settembre nero”, si apre con la fuga di Luca, subito, però, ripreso e Padre Luigi, viene ritenuto complice della sua fuga (pag.131) e di nuovo, la sgradita sorpresa delle catene notturne anche per Lui. (pag. 131) Il racconto continua nella solita distesa del deserto, fra spostamenti improvvisi per la presenza di droni nel cielo e cambi di guardia ai prigionieri, ogni quindici giorni e operando durante la giornata con varie attività, facendo persino il pane (pag. 139), infornandolo sotto le braci ricoperte di sabbia; pane di tutti i tipi, all’olio, al latte e pandolce. Arriva, intanto, il secondo Natale di prigionia con la nostalgia della famiglia, riunita attorno alla Mensa Eucaristica e poi attorno alla tavola del pranzo di Natale, così come accade in tutte le famiglie del mondo libero. Per Padre Luigi, invece, è il secondo Natale di solitudine e di tristezza (pag. 140) e il Rosario di stoffa diventa lo strumento della sua pace interiore. (pag. 141) “Vivo la Fede, nuda e spogliata di tutto” e ancora, “la mia forza è il Crocifisso che ha attraversato la sofferenza innocente”. (pag. 142) Tra i rovi del deserto, intravede una Croce disegnata sul ramo principale (pag. 142), simile al Roveto ardente di Mosè nel deserto del Sinai. Guardare il Crocifisso è la sua unica consolazione, l’unica parola di senso che lo sostiene nella solitudine. E si configura come Maria “Stabat Mater” sotto la Croce. (pag. 143) Le Croci dei vari luoghi di sofferenza si somigliano tutte e la Croce diviene il suo simulacro, tanto che si intaglia due pezzi di legno separati e conservati gelosamente nello zainetto, ben nascosti, “Memoriale di questa esperienza” (pag. 143). Il suo Calvario diviene la Croce tra i rovi, dove sgrana il suo Rosario di stoffa. Intanto, c’è aria di liberazione, tanto che gli vengono dati vestiti nuovi per quel giorno. Intanto, la Croce tra i rovi è germogliata con foglioline verdi (pag. 146) mentre nel Sesto capitolo “Attendere, prego” si attende la partenza di liberazione, ma, tra alti e bassi, la segreteria telefonica del deserto, pare che si sia inceppata, ripetendo all’infinito “attendere, prego attendere, prego” (pag.145) La strada dell’esodo sembra trovarsi di fronte un mare impossibile da attraversare” (pag. 150) “ma nulla lo turba, nulla lo spaventa, solo Dio basta” : Padre Luigi rievoca il Canto di Taizè. (pag 151) Ma le catene diventano ancora più pesanti il giorno della nuova fuga di Luca, assieme alla consorte Edith, nel frattempo riunita nel gruppo di prigionieri. Luca in un giro di ricognizione con il guardiano ha visto la strada camionabile e l’ha impressa nella mente, così non si trovano, forse ripresi, forse liberi con la fuga attuata. (pag. 154) Nel tempo di Pasqua si rinnovano le Promesse Sacerdotali: Eccomi, Signore e con esse si riconsegna a Dio come Prete Missionario, (pag. 160) mentre, nei giorni successivi recita la Via Crucis del Venerdi Santo, il Silenzio del Sabato Santo e la Domenica di Pasqua, gioiosa per le Comunità che hanno festeggiato l’Alleluia della Risurrezione. (pag. 161) Intanto, il Silenzio è stato fecondo, infatti, i venti mesi di prigionia trascorsi fino ad ora sono densi di silenzi, pianti, grida e gemiti interiori. (pag. 167) In questo tempo ha ascoltato il Silenzio di Dio. (pag. 167) Silenzio apprezzato in mille sfaccettature e arricchito di sfumature per la realtà umana di quel mondo, poliedrica e multicolore. (pag.168) Nel Capitolo sette “Dopo il Ramadan” c’è la fine del “digiuno di libertà” (pag.171) come auspicato dai suoi carcerieri, mentre Padre Luigi ascolta alla radio la canzone “Partirò” come buon auspicio, con l’altra buona notizia dell’atto firmato dal Santo Padre che riconosce come “Venerabile” il Vescovo Fondatore della SMA. (pag. 173) e ascolta la voce di Papa Francesco all’inizio della Messa di Pentecoste, trasmessa dalla radio del Vaticano, con l’Omelia del Papa, accolta come una boccata di ossigeno spirituale che gli riempie i polmoni, in cui rinasce e sente quel dono come una carezza. (pag. 176) Intanto, viene trasferito con i suoi compagni di prigionia, nella valle delle formiche, sfiorati dal maestoso muro scuro di pioggia, vento e sabbia. (pag. 182) In questo luogo desolato le formiche sono le più veloci del mondo e attraversano le dune nel nord del Sahara nel loro manto d’argento, dovuto alla peluria che riveste il loro corpo, permettendo di disperdere più facilmente il calore. Intanto, la notizia del colpo di Stato nel Mali azzera le fragili speranze di una prossima liberazione, ma, forse, c’è una speranza perchè avvenga, assieme ad altri ostaggi, (pag. 183) mentre il Papa in Assisi firma l’Enciclica “Fratelli Tutti” auspicio di liberazione; nel contempo, viene annunciato dalla radio, il rilascio di un centinaio di Jhaidisti, moneta di scambio per la libertà di prigionieri, “forse ci siamo anche noi, sussurra Padre Luigi, così finalmente, dopo un viaggio in macchina a forte velocità da voltastomaco (pag. 185) sente la parola “Liberation, liberation (pag. 186) da una toyota piena di uomini armati. La prigionia è finita, ma Padre Luigi pensa che gli incidenti aerei si consumano nella fase del decollo e atterraggio. (pag. 186) Naturalmente è una metafora che indica la delicatezza dei due momenti, quello del rapimento, il decollo del percorso e quello della liberazione, atto finale o atterraggio della terribile avventura. (pag. 186) Si viaggia ancora e i prigionieri vengono consegnati all’appuntamento al Colonnello Sawadogo e da questi portati all’aereoporto militare di Tessalit e fatti salire sull’aereo già pronto sulla pista di decollo. (pag. 190) Padre Luigi viene accolto in Italia con un grande abbraccio commovente dalla famiglia, come da tutti in un “abbraccio internazionale di fraternità”. (pag. 191) Assieme a Padre Luigi ci sono le poche cose che ha portato con sé: un anello della catena che lo legava ogni notte, la Croce intagliata e custodita nello zainetto, il Rosario di stoffa con il quale ogni giorno si affidava alla Vergine Maria, gli appunti scritti su fogli di quaderno, un pezzo di cartone e una etichetta presa da una scatola di frutta sciroppata, con la scrittura del resto degli appunti, (pag.193) preziose testimonianze della sua prigionia. Al riguardo, Padre Luigi afferma: “Questi preziosi appunti mi hanno aiutato a rileggere l’esperienza e fanno da ossatura a questo scritto. (pag. 193) “Con il cuore ancora carico di emozione e denso di commozione, dico a tutti il mio immenso GRAZIE ! (pag. 194)
Caro Padre Luigi, Ti ringrazio dal profondo del cuore per questo “Breviario” da leggere, meditare e custodire. Ho letto e riletto questo libro e lo conservo nella memoria come ricordo incancellabile.
Lorenzo
11 Settembre 2022
martedì 28 giugno 2022
Chiesa di Santa Teresa
La chiesa di S. Teresa, in effetti dedicata a S. Maria del Popolo, si innalza a poca distanza da quella che era la porta Pendile. Fu costruita, su disegno dell’architetto Bartolomeo Amendolara, il 1601 con la partecipazione di tutto il popolo, come ci rivela l’iscrizione del portale. La facciata si modella su schemi tradizionali tipicamente medioevali. L’austera superficie è appena scandita dal portale classicheggiante e sullo stesso asse, in alto, dalla finestra con timpano curvilineo.
Alla solenne semplicità della facciata fa riscontro l’interno adorno da una grande quantità di stucchi, marmi, cornici e festoni. Nel 1702 la chiesa fu concessa ai Teresiani che si preoccuparono di costruire il retrostante convento, successivamente adibito a Convitto e poi a Liceo statale.
Molto severo nelle sue linee architettoniche si presenta il complesso monastico a cui si accede da una maestosa scalinata. Di notevole importanza sono il portale d’ingresso e quello del vestibolo, dove due lesene fiancheggiate da volute sostengono un classico architrave. I due portali, molto significativi dal- punto di vista plastico-ornamentale, costituiscono una nota di ricchezza e di eleganza in un complesso architettonico severo nelle sue linee (Scivittaro). Le numerose tele che arricchivano la chiesa sono state trasferite nel museo diocesano. Si può però ancora apprezzare un Cristo ligneo del sec. XVII e altre tele di minore importanza.
A destra della chiesa è la cisterna pubblica costruita nel 1612 per far fronte alle frequenti siccità.
fonte bibliografica Bitontolive a cura di L. T.
giovedì 10 febbraio 2022
La Forza Sublime dei Sentimenti
La Forza Sublime dei Sentimenti
di Egidio Colle
Il
Protagonista di queste mie riflessioni è il Prof. Emerito Lorenzo e
riguardano la sua personalità, il suo pensiero, la sua Professione e la sua
inclinazione per la scrittura, soprattutto, in forma poetica.
Parlare
di Lorenzo e degli uomini in generale e il cercare di penetrare nel loro ego, a
causa della loro unicità e complessità, è compito veramente delicato e arduo. Tuttavia,
trattandosi di Lorenzo, uomo e professionista specchiato e mio amico di vecchia
data, sarà più agevole è vero, ma resto nella consapevolezza che un’analisi,
per quanto approfondita, è quasi sempre riduttiva e non aderente alla pura
realtà del recensito e, quindi, anche di
Lorenzo, per il suo non semplice mondo
interiore.
Premetto
che nella mia vita raramente ho ricevuto dei regali se non nella ricorrenza
della Befana, la cui calza la trovavo riempita di: un mandarino, due o tre
noci, un pugno di fichi secchi e alcune zollette di zucchero; chiudevano la
grossa calza i carboni di legna di ulivo, prelevati dal focolare. Confesso che
ero ugualmente contento, felice, come e, forse, più dei bambini d’oggi.
Premetto
anche che Lorenzo è un uomo a cui non piace il palcoscenico, gli piace stare ed
operare dietro le quinte perché, essendo schivo per carattere, non ama
apparire, esporsi. Anche nel dialogare è sintetico ed essenziale ed ha la
grande virtù di saper ascoltare senza mai interrompere l’interlocutore; tanto è
segno di tangibile rispetto.
Lorenzo,
personalmente, mi ha fatto due regali immateriali che ad alcuni possono sembrare
banali, irrilevanti, ma che per me sono di incomparabile valore, per l’enorme
impatto emotivo e psicologico. Sono doni speciali che giustificano e la dicono
lunga sull’umanità e l’umiltà di quest’uomo dall’animo nobile che, ai tempi
attuali, cosiddetti moderni, sono divenuti sempre più rari.
Lorenzo
è stato forgiato, come tanti altri della sua e, ancor più della mia
generazione, dai sacrifici che, in tempi di ristrettezze, gli hanno consentito
di acquisire, anche con l’esempio ed i consigli dei suoi genitori, i valori
fondanti della vita che, oggi, sono ritenuti antichi e superati, mentre, secondo il Poeta, dovrebbero essere
additati e riproposti alle nuove generazioni per non disperderli nel nulla del
mondo agiato, viziato ed opulento.
Pertanto,
le famiglie, la scuola, le Associazioni Culturali e Sportive e le Parrocchie,
dovrebbero impegnarsi e tendere al loro recupero, per sperare in un mondo più
umano, altruista e rispettoso del Prossimo. Le regole di civile convivenza tra
uomini, popoli e nazioni, non vanno ignorate, disattese, ma scrupolosamente
osservate ed entrare nel costume di vita di tutti e di ciascuno.
Tanto
auspica Lorenzo, uomo, docente, poeta, e padre.
Ed
ora passo a trattare, in modo succinto, dei regali che ho ricevuto da Lorenzo, regali
che per me sono stati terapeutici, anche in considerazione della mia età non
più ruggente, dalla mente non più elastica, spugnosa, aggravata dalla difficile
situazione sanitaria che ha colpito, di sorpresa, il mondo intero, non pronto a
ricevere questo sgradito ospite covid-19 che ha provocato e provoca ancora
numerose vittime, ricordate da Lorenzo con dolore.
Ecco
il primo dono ricevuto da Lorenzo: Egli amico e collega, mi ha onorato, quasi
quotidianamente e per lungo tempo, della sua premurosa presenza, portandosi
nella mia abitazione, non distante dalla sua. Le visite, di breve durata, hanno
addolcito la mia solitudine che ormai vivo con cristiana rassegnazione, a far
tempo dall’incolmabile vuoto lasciato dalla dipartita della mia amata Giovanna.
La
compagnia di Lorenzo, oltre ad essere stata salutare, ha affievolito le
sofferenze psicologiche e mi ha incoraggiato a proseguire senza timore e con
più leggerezza, fiducia e speranza, in
questo delicato scorcio della vita.
-Secondo
dono-
Lorenzo
è autore raffinato di una vasta produzione poetica, edita sui social, ma a me
ignota, in quanto privo di mezzi tecnologici moderni. Tuttavia, nel corso dei
lunghi mesi trascorsi in forzata clausura tra le mura di casa, mi ha fatto
dono, in maniera centellinata, allo scopo di non ingolfare la mia stanca mente,
di numerose, (oltre sessanta) liriche che mi hanno piacevolmente intrattenuto e
regalato momenti di benefico relax.
La
lettura e rilettura, inoltre, mi hanno consentito di scrutare nell’intimo di un
poeta sensibile, gentile, solidale, mite, sobrio, altruista, dotato di grande
Pietas Cristiana, evidenziata ogni giorno nel suo Modus Vivendi.
La
poetica di Lorenzo è tendenzialmente rispettosa delle regole della Poesia
Classica, ma sempre più si è avvicinato, con convinzione, ma senza troppa
enfasi, alla forma libera della dominante Lirica Moderna, sciolta,
aperta, accessibile, nella consapevolezza che il realismo attuale, pur avendo
soppiantato, quasi del tutto, l’espressione oscurantista esercitata tra le due
guerre mondiali, ha contribuito, mi auguro, ad accostare i giovani alla Poesia
che rappresenta, con l’Arte e la Musica, l’espressione più alta e sublime del pensiero umano.
Si
sa che i ragazzi sono sempre più allergici ai libri e più vicini ai social che,
se non gestiti con intelligenza e senso di responsabilità e con correttezza,
sono messaggeri di vanità ed insana cultura.
Un
tempo non troppo lontano, a differenza di oggi, le poesie venivano imparate a
memoria; questo metodo rappresentava, infatti, un ottimo esercizio per la
mente, venivano commentate e tradotte in versione in prosa, con la ricerca di
vocaboli, per un utile arricchimento culturale.
La
poesia moderna, in verità, facilita la lettura e l’interpretazione dei messaggi
veicolati dai versi, ma, a mio modesto avviso, ha perso, in parte o totalmente, quell’alone di magia e
di mistero che dovrebbero caratterizzarla. L’assenza di rima e, ancor peggio,
della punteggiatura (Anima della scrittura) fanno mancare ai versi l’eufonia,
strumento indispensabile per dare sonorità alle liriche; infatti, in assenza di
questi elementi La Poesia è più prossima alla Prosa
.
Di
tanto, Lorenzo è consapevole e nell’esprimere
i suoi sentimenti, le sue emozioni, e le sue sensazioni, si destreggia tra il
classico e il moderno, per assicurare, ai suoi componimenti, le peculiarità essenziali.
Il
suo verseggiare è delicato, morbido, incisivo; le immagini, saggiamente
associate alle liriche, sono in perfetta sintonia con i pensieri espressi. Il
ricordo di un intenso vissuto, di un “ieri” che, anche se non evocato con
rimpianto, suscita nel poeta un po’ di nostalgia non fosse altro che per la
semplicità, genuinità e autenticità dei Valori inculcati, quasi naturalmente.
Lorenzo
coniuga, nei suoi brani lirici, perfettamente, la descrizione dei luoghi e le
memorie della sua giovinezza; per Lui, inoltre, si rivela non agevole il
connubio tra tradizione e tecnologia, tra passato e presente, spesso in antitesi.
Per
quanto attiene la Fede, in Lorenzo è intensamente presente quella Cristiana,
infatti, frequenta assiduamente La Parrocchia e per alcuni anni si è reso
disponibile ad effettuare il doposcuola in favore dei ragazzi con svantaggio
socioculturale e con problemi di apprendimento, appartenenti a famiglie con
disagio socioeconomico.
Lorenzo
rievoca, con affetto nostalgico la Memoria della Madre, la cui dipartita, quando aveva l’età
di nove anni,
lo lascia nello sconforto più totale.
Scrive
la Lirica “A Mia Madre” premiata con Menzione d’Onore in un Concorso Letterario
dell’Associazione Culturale Dante Alighieri di Padova, di cui si onora di far
parte, nella Quinta Edizione Premio Nazionale di Poesia Classica in Lingua
Italiana e Lingua Veneta “Cento Poesie
e una Lyra” :
A
Mia Madre
E' scritta nel tuo sguardo la mia
storia
incanto di nostalgico dolore
e tu m'amasti sempre e m'ami ancora
sento le tue carezze calde e madri
ma per goderti il fato m'ha negato
il tempo dei tuoi baci appassionati
un soffio non durò l'esserci insieme
così io vivo dentro gli occhi tuoi
l'onirica presenza che accarezza
ti guardo e tu mi guardi nella notte
e corro fino a te dove tu sai
e penetrarmi sento quello sguardo
calore che s'infrange nel mio sangue
scheggia nel cuore d'ultimo respiro
Lorenzo 10.5.2010
La Giuria del Premio Letterario così scrive, nella motivazione del Premio:
Per la Poesia "A MIA MADRE"
a LORENZO:
“Tutta la vivezza lirica di questi
versi
è nelle sfumature e nelle dolcezze filiali,
fatte presenti e preziose e indimenticabili;
è nel dolore del Poeta, affidato più al
silenzio allusivo e colmo di rimpianto,
che alle parole:
una confessione muta, una trattenuta,
ma ugualmente "cantata" commozione”.
Il Presidente dell'Associazione
Piergiorgio Boscariol
Padova, 28.10.2010
E ancora,
Struggente
e commovente l’attesa e la rievocazione del ritorno del padre dalla guerra.
Lorenzo così rievoca:
Da
“Memoria”
“Gli
occhi fissi avanti a quella porta
..
un
punto in fondo che s’avvicinava
..
presagio
d’un ritorno assai sognato
nelle
notti vissute nell’attesa”
Da alcune composizioni si percepisce forte la
nostalgia e il richiamo della sua terra.
Lorenzo,
al Nord Italia per l’insegnamento in una città evoluta e prestigiosa, avrebbe
potuto benissimo fermarsi e formarsi una famiglia e vivere in un mondo più
rispettoso ed accogliente. Tutto ciò non si è verificato ed appena ha potuto ha
abbandonato l’agiatezza del Nord Italia, facendo ritorno all’amato quanto
problematico Sud, perché forte era il richiamo della famiglia, del suo borgo natio, del profumo del mare di Santo Spirito, del clima sempre mite e del
territorio murgiano della Puglia.
Da
“Ricordo di un tempo”
“E
quando infine mi ritrovo indietro,
torna
alla mente l’ottobrina festa
sbarcato
sui binari di stazione.
…
la
scuola a due passi dai binari,
rimasta
adesso già così com’era
una
caserma, come si diceva
nell’universo
mai pensato prima
..
in
fondo, ancora, chiesa di preghiera
d’invocazioni
e grazie messaggera”
Il
Poeta ha radicato profondamente il senso dell’appartenenza ai luoghi d’origine,
alla bellezza del centro storico che
ingloba numerosi archi con l’Effigie della Vergine Immacolata, viuzze, slarghi,
ripide scalinate e pianerottoli con inferriate e vasi fioriti di gerani,
garofani, petunie, dai colori sgargianti.
Il
legame è stretto per le vecchie tradizioni che hanno segnato, per molti secoli,
la Storia ricca di questo importante Centro del Nord Barese .
Da
“Arco antico”
“Arco
d’un tempo in un interno avito
lo
specchio d’una pesa pasculante
sosta
dei carri o di braccianti stanchi
venienti
dopo giorni di fatica”
Lorenzo
ha alto il principio morale, dell’etica professionale, della giustizia, della
legalità e del rispetto.
Nei
confronti dei giovani d’oggi, si pone, sovente, criticamente, perché, essi
danno tutto per scontato, per acquisito. Ad essi tutto è dovuto, schivando i
sacrifici personali, dalla società e, in special modo, dai genitori, nei
confronti dei quali, si pongono, senza giustificazioni, in posizione
conflittuale. L’angoscia di Lorenzo si fa sentire allorquando i ragazzi,
apprendendo in strada che fa scuola, più che in famiglia, si lasciano ingannare
e deviano dalla Via Maestra e si
immergono, con superficialità ed irresponsabilità, nell’illegalità, finendo nel
mondo della droga o dell’alcol, spacciando e assumendone direttamente con
conseguenze disastrose, invalidanti, in
quanto distruggono i neuroni del cervello.
Per
evitare ciò bisognerebbe erigere un solido muro di solidarietà e dirigere i
ragazzi al dialogo, alla disciplina, all’osservanza delle regole e ad
intraprendere, finchè sono in tempo, la
retta via ed isolare cattive compagnie ed effimeri momenti di felicità..
Lorenzo,
benché d’altra generazione, è ottimo conoscitore delle problematiche giovanili
e, per correggerne la rotta, con la sensibilità di un docente ispirato e
paziente e di poeta, ha profuso le sue migliori energie per contribuire a formare
l’uomo e l’onesto cittadino, degno di vivere in una comunità di gente
operosa.
Lorenzo,
in particolare, nel corso della sua lunga e proficua attività didattica, ha
curato, con competenza ed affetto paterno gli Allievi Diversamente Abili, in
qualità di Docente Specializzato in Attività di Sostegno.
Al
Prof. Lorenzo venivano affidati, dal Preside, gli alunni più “difficili”
(e di ciò ne ho prove dirette) che ha servito con costante dedizione. Ma egli
ha fatto di più: si è periodicamente recato finanche a casa degli alunni, a
colloquio con i genitori per pervenire ad una migliore conoscenza di questi e,
con loro, concordare gli interventi più opportuni in rapporto alla patologia di ciascuno.
Lorenzo
proprio in virtù della sua inclinazione verso i più bisognosi, deboli, ultimi,
scartati dalla società, per dirla con la voce di Papa Francesco, non ha neppure
tentato di passare alla più comoda Cattedra normale di Materie Letterarie, pur
avendone i titoli, essendo laureato in Pedagogia. Da ciò traspare,
inequivocabilmente, l’umiltà, l’umanità, la bontà di questo raro professore.
Si
arguisce facilmente che il lavoro del Docente di Sostegno è faticoso e usurante
e, soprattutto, non è neanche prevista una indennità particolare di natura
economica e di carriera. Lo si esercita soltanto per vocazione, per passione e
non per altri fini. A questo punto, mi
sembra opportuno chiarire che lo stipendio dell’Insegnante di ogni Ordine e
Grado è tale da non consentirgli di giungere a fine mese, specialmente se ha a carico: Consorte
casalinga, figli agli studi, fitto di casa e tutte le altre incombenze di
ordine finanziario.
Lorenzo
trova ubertosa ispirazione dall’acuta osservazione della natura che lo
circonda, dalla bellezza del Creato, e, suo malgrado, dallo scempio di cui
l’uomo è artefice, accecato dal guadagno e dall’arricchimento, spesso frutto
dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Da
“Speranze”
“Diversi
oggi, verità ingrata
Il
nulla li circonda, i disvalori,
…
branco
di lupi affamati di noia
senza
obiettivi e vuoti di valori.
trascurano
il sogno che l’invita
poco
attinente a incanto della vita”
Con
commozione e angoscia, il poeta fa memoria della sosta dei feretri nell’attuale
Piazza Caduti del Terrorismo e dello struggimento dei familiari.
Da
“Cinque Croci”
“Croci
al limitar del lungo viale
un
tempo aperto ai bianchi crisantemi
…
lì
si fermava un piccolo corteo
all’imbrunire
d’un funesto giorno,
si
tratteneva per mesto cordoglio
per
preci e ossequi ai prossimi parenti
e
poi riprendeva la sua via,
la
strada dei cipressi e del rimpianto
cammino
che conduce al camposanto”
E
ancora:
da
“Arco antico”
“Di
là dall’arco al margine di roccia
un
blocco di granito un paracarro
le
croci che si levano al dolore.
Cortei
funesti in sosta di cordoglio,
già
prima di riprendere la via
tra
filari di pianti e di cipressi”
La
sua attenzione è rivolta anche ai paesaggi, ai pittoreschi borghi antichi, ai
mestieri di un tempo andato, quasi del tutto soppiantati da un rapido processo
di industrializzazione e meccanizzazione ed obliati alla memoria dei giovani
d’oggi.
Da
“I potatori”
“Ricordo
i potatori d’una volta
rami
d’ulivo spogli delle drupe
tagliavano
quel più dopo raccolta”
Da
“Raccolta delle Olive”
“Antico
rituale in incombenza,
reti
distese ai tronchi secolari
smuovono
i rami carichi di frutti,
dita
d’acciaio brancano le drupe
dall’alto
verso il basso scuoton rami”
Da
“Sporta”
“Eppur
di cosa si sentiva odore
di
pioggia sui tratturi della murgia
e
già si preparava sporta in giunchi
per
porvi dentro i funghi cardoncelli”
Inoltre
dallo scrigno di Lorenzo, l’Amore trasuda per il paese natio ed il territorio
in parte murgiano che l’attornia.
Da
“Murgia”
“Così
il tuo sorriso si proietta
e
lo gusto tra mare e la collina
dolce
visione della murgia mia.
Il
respiro del tempo m’incatena
in
aria trasparente di tal luogo.
valli
e costoni, viadotti, tratturi
nei
viaggi li ho rivisti e assaporati”
Da
“Muretto a secco”
“Muretto
a secco un limite a sentieri
di
murgia sconfinata e di campagna,
un
argine a confine d’ulivetì
…
un
dono di natura per la terra
…
Pietre
strappate alla madre terra”
Il
Poeta continua ad esternare, con sensibilità e semplicità, i caratteristici
muretti pugliesi ed i tratturi d’antica percorrenza.
Da
“Tratturo”
“Un
tratturo d’antica transumanza
armenti
che ritornano a svernare
dopo
stagione in pascolo solare
…
Sentiero
impervio, strada che racconta
Il
labirinto degli antichi armenti
In
sosta nottetempo negli spazi
…
Il
tratturo s’allunga come rivo
per
carri e ruote o piedi di pastori”
e
ancora,
Da
“Radice”
“L’amena
murgia regno silenzioso
di
pietre e macchie di silvestre effige
sembra
un ricamo di ventaglio alpino”
Nei
componimenti poetici, che ho attraversato con rispetto e interesse, sovente, Lorenzo
non manca di ricordare lo sforzo operoso, dignitoso degli instancabili
contadini e braccianti agricoli ed il contributo che la terra dà alla storia
economica del paese.
Sono
convinto che la poesia di Lorenzo, raffinata e concreta, sia ispirata, sostenuta e baciata dalla Musa Calliope, e si
palesa con emozione e genuina freschezza, con stile personale ed
inconfondibile.
Ringrazio
l’amico leale e fraterno e lo incoraggio, in divenire, a proseguire la sua
ricerca e ad esprimere i suoi sublimi sentimenti, idee, principi, valori ed
eventi, per dare un reale contributo alla crescita e formazione dei ragazzi e
alla Letteratura del Nostro Paese.
Caro
Lorenzo, Ad Majora semper.
Prof.
Egidio Colle
Gennaio 2022